18 luglio 2023

Quando l'inglesismo merita un articolo...

 Ed è subito "cinghiamattanza".


Non c'è niente da fare, il mio disgusto verso la lingua inglese non nasce da un remoto sentimento di vendetta nei confronti della "perfida Albione" (dea della sterlina, si ostina vuol sempre aver ragione) per la mancata pace con il nostro "Beneamato", bensì per l'inutile, quanto molesta, ingerenza nella lingua italiana.
Da un lato è vero, quanto innegabile, che in certi casi ristretti la "flessibilità" (dovuta alla sua povertà di termini) della lingua inglese può aiutare ad esprimere, con meno parole (quindi in minor tempo), concetti molto articolati di cui, "ravanando" alle basi dell'informatica, "premere il pulsante sul dispositivo di puntamento dell'interfaccia utente" si semplifica con "click sul mouse" è un esempio banale. Ovviamente i "problemi" (ciò che mi urta diventa un problema) nascono quando si inizia a italianizzare l'inglesismo. Ovvero il suddetto click sul mouse "diventa" un verbo della lingua italiana "clickare" (dall'inglese "to click" premere). Questo, chiaramente, è solo un esempio della nuova crociata (con l'effige della madonna fustigata portata in processione) che intendo indire. 
Ricordando la mia "nemesi" il termine "performance" che viene discutibilmente, e disgustosamente, coniugato con "performante" termine per cui ho fatto volare gli schiaffi (purtroppo solo morali) a individui di qualunque estrazione sociale e livello d'istruzione appellandoli come "capre" di "sgarbiana" memoria. Termine che, messo in bocca ad un foggiano che cerca invano di spiegarsi con un americano è diventato "promofans". Non ci sono parole per descrivere il senso di nausea che mi ha preso allo stomaco... e non basterebbe l'intera produzione cinese di cinghie per raddrizzare una simile "stortura" linguistica.
Quando pensavo che "promofans" avesse toccato il fondo dell'inglesismo "maccheronizzato" ecco che all'improvviso, come l'estate cercata da Celentano, arriva una nuova fonte di incazzatura perenne, un livello tale di bassezza che nemmeno il dato a 20 facce, che capeggia sulle spalle di Bassetti (quando gli si chiede di covid o del relativo vaccino), è capace di raggiungere.
Il termine incriminato è "trusta", voce del verbo "trustare" deviazione dell'inglese "to trust" (credere, confidare, fidarsi...) l'ho sentito usare da Luca Donadel, in diverse sue dirette, ma, ne sono sicuro, inserito nella forma verbale "trusta il plano", assume una valenza dispregiativa per coloro che appunto, in periodo covid, credevano che il greenpass fosse un Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) al pari delle scarpe antinfortunistiche. Sentire il termine inserito in una conversazione "seria" è un'esperienza da collasso del sistema nervoso.
Per scrupolo, e anche per capire quanto possa essere caduta in basso, ho eseguito una ricerca sul sito de "l'accademia della crusca", la cui credibilità è precipitata ai livelli più infimi, più bassi persino di "Tuttosport" quando parla della juve. La ricerca ha portato a questo risultato...
 

C'è la possibilità che dopo la disonorevole figura di merda rimediata seguendo i vaneggiamenti della Boldrini, introducendo nel nostro dizionario termini da "scarpate nel culo" quali "ministra", "presidenta" (che persino sto ignorante di Blogger, mi segna come errore) e, soprattutto, "petaloso", stia cercando un minimo di riscatto, una nuova verginità della propria credibilità. In cuor mio spero, invece, che certe (s)torture linguistiche non entrino mai nel nostro vocabolario... nel mio non ci entreranno di sicuro.
In conclusione per quanto riprovevole, e da me utilizzati il meno possibile, non sono contrario all'uso di termini anglofoni (soprattutto in abito informatico / tecnologico), ma laddove possibile mi sentirete sempre utilizzare il corrispettivo nella lingua più musicale e poetica del mondo... l'italiano.
In quanto il rischio è quello espresso nel divertentissimo "meme" (contenuto digitale, spesso umoristico, che si diffonde rapidamente attraverso internet), per ora, ovvero "abolito l'utilizzo di termini inglesi nella lingua italiana... a Milano non sanno più spiegare che lavoro fanno!".

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