...e l'analfabetismo funzionale (Referendum abrogativo 8-9 Giugno).
Partiamo col dire che la gente non sa leggere, se sa leggere non lo fa e se sa leggere e lo fa non capisce un cazzo di quello che legge. Anche oggi ci siamo fatti nuovi amici.
La più grande menzogna della sinistra radical chic, che conserva un vago ricordo di quella zona rossa da cui proviene (anche se oggi è un po' impallidita... più che rossa è "Rosé") è quella di aver convinto i lavoratori, da qui in avanti denominati "Schiavi", di essere dalla loro parte. Che i sinistri sindacati ed i radical chic (da qui in avanti denominati i "Padroni") vigliano solo il loro bene, mentre i padroni (da qui in avanti denominati i "Fascisti") vogliano il loro male.
Infatti dalle battaglie degli anni '70 del secolo scorso i "padroni" ci hanno raccontato di essere i paladini della costituzione, che calpestano e distorcono a loro piacimento, di essere dalla parte degli "schiavi", nonostante le "peggio porcate" contro lo (famigerato) articolo 18 le abbiano fatte proprio loro e nonostante sia stato il DUCE D'ITALIA sua Eccellenza Benito Mussolini a introdurre le più importanti riforme Socialiste, in ambito lavorativo, in un regno fortemente liberale e capitalista come lo era l'Italia del primo dopoguerra.
Ancora oggi quando si sentono le parole "Mussolini ha fatto anche cose buone", pronunciate spesso con derisione e disprezzo insieme, nella mente delle persone si affaccia l'immagine dei treni in orario. Nessuno, o veramente molto pochi, pensano immediatamente alla riforme dell'orario di lavoro, con l'introduzione delle 8 ore lavorative giornaliere per un massimo di 40 settimanali, la pensione (che in precedenza era concessa solo per invalidità di guerra) è stata estesa anche agli invalidi civili e agli anziani, la mutua, l'infortunio sul lavoro, ecc. (di questo ho già parlato ampiamente e dettagliatamente in altri articoli).
Perché si pensa solo ai treni in orario?
La grande MENZOGNA rossa è appunto riuscire a far credere che questi provvedimenti siano frutto delle lotte operaie degli anni 70, ma, ammesso che ciò sia vero, significa semplicemente che i partigiani, nella loro foga di voler distruggere tutto ciò che era Fascista (come i cristiani maledetti nella biblioteca d'Alessandria) hanno distrutto anche le riforme socialiste che, in seguito, abbiamo dovuto riconquistare a suon di morti, feriti e gambizzati da parte delle brigate rosse. Nella narrazione odierna i "Padroni" continuano a dire di essere dalla parte degli "Schiavi", ma, esattamente come nel '45, il loro unico scopo è servire il grande capitale "multinazionale". I "Padroni" prendono volentieri ordini da chi tira i fili del mondo purché, in cambio, non ci siano pellet dove loro vivono, dove loro mangiano e dove loro vanno in vacanza, se questo costa il posto a qualche poveraccio poco importa.
Dottor Brambilla cosa c'entra la seconda guerra mondiale con il referendum attuale?
Quando si parla di riforme del lavoro bisogna sempre partire dalla seconda guerra mondiale e dal fascismo perché è stato il primo momento in cui il lavoratore non fu uno schiavo, ma assunse una propria dignità, inoltre serve per capire che il Fascismo (quello vero, così come il NazionalSocialismo) era davvero dalla parte dei lavoratori e che mai si sognerebbe di promulgare una legge che lo danneggi, o abrogarne una che lo tuteli. Quindi, ancora una volta, dare della Fascista a Giorgia Meloni perché si pensa che voglia distruggere la stabilità dello status dei lavoratori è una cazzata. Senza contare che il Governo Meloni sta spingendo per l'astensione al voto degli italiani in un referendum abrogativo.
Perché sottolinea "abrogativo"?
Perché un referendum abrogativo è valido (indipendentemente dall'esito alle urne) solo se partecipano al voto il 50% degli aventi diritto più uno.
Quindi il 51%!!!
No imbecille il 50% più una singola persona avente diritto al voto. "Il referendum abrogativo previsto dall’art. 75 Cost. stabilisce che 500.000 cittadini o 5 Consigli regionali, possono proporre all’intero corpo elettorale “l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge". Per la validità della consultazione referendaria popolare è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno. Questo è quanto stabilisce l'articolo 75, IV comma della Costituzione che testualmente recita : "La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi." " (fonti Ministero dell'Interno e Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa) ciò significa che o qualcuno ha raccolto 500.000 firme, oppure che 5 consigli regionali (non so se all'unanimità o meno) hanno chiesto l'abrogazione della legge. "Per abrogazione si intende la cessazione di efficacia di un atto normativo [...] Diversa dall’abrogazione è la sospensione, perché, mentre la prima ha carattere definitivo, la seconda ha carattere provvisorio e temporaneo." (fonte Treccani). Quindi l'analfabetismo funzionale porta le persone a credere che se non va a votare allora il governo farà quello che gli pare quindi cancella la legge a prescindere, ma non è così. Se il governo potesse, di propria sponte, cancellare una legge, con la maggioranza parlamentare lo farebbe e basta senza la necessità di indire un referendum. Nel caso specifico non è stato il governo di destra a chiedere il referendum e, tra i suoi promulgatori, ci sono la CGIL ed il PiDiota Schlein.
Cioè la sinistra vuole cancellare il reintegro degli "Schiavi" in caso di licenziamento illegittimo?
Per poter rispondere bisogna entrare nel merito dei 5 quesiti referendari (ovvero che cosa ci viene chiesto di abrogare totalmente o parzialmente). Quindi mettetevi comodi... preciso che i quesiti referendari (ma non le mie considerazioni in merito) saranno presi dai fac-simili pubblicati sul sito del ministero dell'interno non da "l'Unità", né dal "Post", né dal sito di FdI o del PD. Mentre gli articoli di legge citati sono presi dal sito de "La Gazzetta Ufficiale" in quanto organo di divulgazione integrante l'entrata in vigore di una legge promulgata e delle, eventuali, successive rettifiche o in mancanza (sul sito) della norma specifica dal sito di "Normattiva" organo ufficiale del ministero dell'interno.
1° Quesito:
"REFERENDUM POPOLARE
Contratto di lavoro a tutele crescenti — Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione
Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, come modificato dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, dalla sentenza della Corte costituzionale 26 settembre 2018, n. 194, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2020, n. 150; dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal d.l. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79 (in G.U. 29/06/2022, n. 150); dalla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22; dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?"
Ovviamente bisognerebbe, per completezza, andare a leggere tutte le modifiche successive, ma, in questo caso specifico, non è molto utile dal momento che è chiesta l'abrogazione totale (quindi di tutti gli articoli non solo di alcuni) della legge che recita, all'art. 1
"Art. 1
Campo di applicazione
1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati
o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento
illegittimo e' disciplinato dalle disposizioni di cui al presente
decreto.
2. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche
nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del
presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato
in contratto a tempo indeterminato.
3. Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di
assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata
in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di
cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei lavoratori,
anche se assunti precedentemente a tale data, e' disciplinato dalle
disposizioni del presente decreto." (per il testo integrale Decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 contenuto nella legge 10 dicembre 2014 n. 183) dire con precisione cosa i sindacati abbiano chiesto di abrogare non è chiaro dal momento che, come si evince già dal testo del quesito referendario, la legge sul lavoro è stata rimaneggiata da tutti, ma di sicuro non sarà abrogato il famoso "jobs act" di Renzi convertito in legge 16 maggio 2014, n. 78. Per comprenderla appieno bisognerebbe essere un giurista ed io non lo sono, ma nel dubbio meglio tenersi una legge fatta di merda che cancellarne una fatta bene per errore.
Campo di applicazione
1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati
o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento
illegittimo e' disciplinato dalle disposizioni di cui al presente
decreto.
2. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche
nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del
presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato
in contratto a tempo indeterminato.
3. Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di
assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata
in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di
cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei lavoratori,
anche se assunti precedentemente a tale data, e' disciplinato dalle
disposizioni del presente decreto." (per il testo integrale Decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 contenuto nella legge 10 dicembre 2014 n. 183) dire con precisione cosa i sindacati abbiano chiesto di abrogare non è chiaro dal momento che, come si evince già dal testo del quesito referendario, la legge sul lavoro è stata rimaneggiata da tutti, ma di sicuro non sarà abrogato il famoso "jobs act" di Renzi convertito in legge 16 maggio 2014, n. 78. Per comprenderla appieno bisognerebbe essere un giurista ed io non lo sono, ma nel dubbio meglio tenersi una legge fatta di merda che cancellarne una fatta bene per errore.
2° quesito:
"REFERENDUM POPOLARE
Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?"
Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?"
Questo sembra più facile, ma per comprendere cosa ci chiedono di abrogare meglio andare a leggere... ci chiedono di abrogare l'articolo 8 della legge n. 604 del 15 luglio 1966 (non fatevi ingannare dal fatto che sia una legge del '66 quindi è obsoleta, infatti nel nostro ordinamento giuridico sono ancora in vigore leggi che appartenevano al diritto dell'impero romano (no, non intendo quello fascista di Mussolini, ma proprio quello romano di Gaio Giulio, Cesare di Roma).
Quindi per prima cosa cerchiamo la LEGGE 15 luglio 1966, n. 604 di cui:
"Art. 8.
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del
licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, il datore
di lavoro e' tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il
termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versando
una indennita' da un minimo di cinque ad un massimo di dodici
mensilita' dell'ultima retribuzione, avuto riguardo alla dimensione
dell'impresa, all'anzianita' di servizio del prestatore di lavoro ed
al comportamento delle parti.
La misura massima della predetta indennita' e' ridotta a otto
mensilita' per i prestatori di lavoro con anzianita' inferiore a
trenta mesi e puo' essere maggiorata fino a quattordici mensilita'
per il prestatore di lavoro con anzianita' superiore ai venti anni.
In ogni caso le misure minime e massime della predetta indennita'
sono ridotte alla meta' per i datori di lavoro che occupano fino a
sessanta dipendenti.
Per mensilita' di retribuzione si intende quella presa a base della
determinazione dell'indennita' di anzianita'."
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del
licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, il datore
di lavoro e' tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il
termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versando
una indennita' da un minimo di cinque ad un massimo di dodici
mensilita' dell'ultima retribuzione, avuto riguardo alla dimensione
dell'impresa, all'anzianita' di servizio del prestatore di lavoro ed
al comportamento delle parti.
La misura massima della predetta indennita' e' ridotta a otto
mensilita' per i prestatori di lavoro con anzianita' inferiore a
trenta mesi e puo' essere maggiorata fino a quattordici mensilita'
per il prestatore di lavoro con anzianita' superiore ai venti anni.
In ogni caso le misure minime e massime della predetta indennita'
sono ridotte alla meta' per i datori di lavoro che occupano fino a
sessanta dipendenti.
Per mensilita' di retribuzione si intende quella presa a base della
determinazione dell'indennita' di anzianita'."
sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990 n. 108 che recita:
"L'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. - 1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro"."
"Art. 8. - 1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro"."
Questo è il testo ora l'abrogazione parziale ci indica che cosa verrà tolto da questo articolo che, come si legge, prevede o la riassunzione o un indennizzo di minimo 2,5 mensilità fino ad un massimo di 6... inoltre specifica per quali casi il massimo può essere esteso (faccio presente che questa legge tutela i dipendenti delle piccole imprese.. dal testo modificato (legge n.108) vanno tolte le parole contenute nel quesito ovvero "“compreso tra un”", "“ed un massimo di 6”" e "“La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata
fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore
ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con
anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che
occupa più di quindici prestatori di lavoro.”" quindi la legge (con la modifica voluta dai sindacati) risulterebbe così:
"L'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. - 1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo minimo mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti."
"Art. 8. - 1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo minimo mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti."
Cioè CGIL e soci non solo lasciano che ti licenzino, ma, nel caso tu non ritenga una giusta di licenziamento "essere troppo bianco per il mondo del lavoro" ti risarciscono con il numero minimo di mensilità... ovvero 1.
3° quesito:
"REFERENDUM POPOLARE
Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi
Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “, in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?"
Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “, in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?"
Qui si chiede di rimettere mano alla durata dei contratti (forse l'unica cosa decente del jobs act), ma vediamo cosa viene chiesto di abrogare.
Decreto legislativo d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 articolo 19 (per le parti toccate dall'abrogazione della legge):
"Art. 19
Apposizione del termine e durata massima
Apposizione del termine e durata massima
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il ((31 dicembre 2025))
, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il ((31 dicembre 2025))
, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
1.1. COMMA ABROGATO DAL D.L. 4 MAGGIO 2023, N. 48.
1-bis. In
caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi
in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma
in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del
termine di dodici mesi.
4. Con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. L'atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi."
"Art. 21
Proroghe e rinnovi
Proroghe e rinnovi
01. Il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1.
1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a ventiquattro mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell'arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga."
Qui capire cosa cambia è più sottile, ma vediamolo lo stesso... andiamo a togliere dagli articoli sopraccitati le parole che saranno abrogate ed il risultato è:
"Art. 19
Apposizione del termine e durata massima
Apposizione del termine e durata massima
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non eccedente i ventiquattro mesi, solo
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;
b) in sostituzione di altri lavoratori.
1.1. COMMA ABROGATO DAL D.L. 4 MAGGIO 2023, N. 48.
1-bis. In caso di stipulazione di un contratto in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
4. Con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. L'atto scritto contiene la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria."
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;
b) in sostituzione di altri lavoratori.
1.1. COMMA ABROGATO DAL D.L. 4 MAGGIO 2023, N. 48.
1-bis. In caso di stipulazione di un contratto in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
4. Con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. L'atto scritto contiene la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria."
"Art. 21
Proroghe e rinnovi
Proroghe e rinnovi
01. Il contratto può essere prorogato e rinnovato solo in presenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1.
1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a ventiquattro mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell'arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga."
Sicuramente l'abrogazione di questi articoli meritano un articolo di commento a sé stante, ma temo di non fare in tempo a scriverlo prima delle votazioni... ciò detto anche per il terzo quesito il cambiamento, come anticipato, sembra banale, ma non lo è in quanto diventa una questione d'interpretazione della legge. Ovvero togliendo i limiti temporali non si fa un favore al lavoratore, ma al datore di lavoro.
4° quesito:
"REFERENDUM POPOLARE
Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per
infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come
conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione
infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come
conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione
Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, in tema di “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?"
Anche in questo caso una legge che è stata maneggiata, rimaneggiata e "magheggiata" per quasi 20 anni, ma i sindacati non sono ancora contenti... vediamo quindi cosa modificano (trattandosi dell'abrogazione di alcune parole) dell'articolo 26 comma 4 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
"4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici."
La modifica elimina, di fatto, l'ultima frase diventando perciò
"4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di
responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e
dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente
risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli
eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore,
dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti
indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il
settore marittimo (IPSEMA)."
Forse questo è l'unica che meriterebbe di essere abrogata in quanto eliminando, di fatto, una scappatoia, ma vale la pena? Al netto del fatto che, come ho detto, non sono un avvocato e, di conseguenza, non comprendo appieno il linguaggio giuridico (che è di fatto una lingua a sé), sono giusto in grado di destreggiarmi nella nebulosa mayassa degli articoli di legge.
Ultimo quesito...
5° quesito:
"REFERENDUM POPOLARE
Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana
Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”?"
L'analizziamo comunque nel dettaglio, ma se c'è una legge per cui vale la pena andare al mare anziché alle urne... è proprio questa. Mi limito a postare il solo articolo 9 (interessato dall'abrogazione), ma per completezza andrebbe letta l'intera legge 5 febbraio 1992, n. 91
"1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:
a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato."
a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato."
La modifica alla lettera "b" del comma 1 risulterebbe così:
"b) allo straniero maggiorenne che
risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni;"
la lettera "f":
"f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica."
verrebbe completamente eliminata, di conseguenza questa abrogazione abbassa da 10 a 5 anni il tempo in cui lo straniero deve ciondolare legalmente in Italia prima di acquisire la cittadinanza.
Secondo il mio modo di vedere le cose, non c'è pericolo che i pellet acquisiscano mai la cittadinanza in quanto non sono entrati legalmente e non vivono "legalmente" sul territorio italiano (figuriamoci farlo per 5 anni), ma se già così la sinistra fa il cazzo che gli pare riempiendoci di merda, figuriamoci se ne agevoliamo la cittadinanza... non ce li toglieremo più dai coglioni (e già adesso ne rimpatriamo uno ogni 6 anni). Con questa nuova modifica alla legge il tempo che si riesca a capire da che paese arriva (3 anni) e si trova un accordo per il rimpatrio (altri 3 anni) che nel frattempo è diventato cittadino italiano quindi tocca a noi mantenerlo in carcere.
In conclusione l'8-9 giugno andatevene al mare... che siate o no dei fannulloni e siete stufi di vedere il vostro vicino di banco prendere più soldi di voi solo per scaldare la sedia... andatevene al mare, per una volta diamo retta al governo Meloni. A breve, spero, il commentario a questo articolo.