5 febbraio 2020

Relativismo contro trascendenza... e la morte della verità oggettiva.

Quando una "birretta" bella fresca nel dopo lavoro diventa un'occasione per affrontare con calma, anche se poi il fervore di certi moralizzatori delle macchinette non si placa, quelle tematiche che per varie ragioni non è, o non è stato, possibile approfondire.
Come al solito si parte "banalmente" dall'attualiltà, ma non avrei mai pensato di essere, a fine serata, apostrofato, o meglio insultato, come cristiano cattolico. Non fosse stata una ragazza probabilmente un po' di "cinghiamattanza" l'avrei fatta volentieri...  "Primo: me sfilo la cinta; due: inizia la danza; Tre: prendo bene la mira; quattro: cinghiamattanza". Probabilmente essendo tutte fan di "50 sfumatire di spruzzing" (visto che quelle di marrone sono le uniche tonalità su cui non hanno scritto un libro e/o tratto il conseguente film) le sarebbe piaciuto e la serata avrebbe assunto una piega diversa.
Ad ogni moto non siamo qui a parlare delle mie mancate conquiste, ma a sviscerare un tema che, per me, è talmente assurdo che non trova alcun riscontro con la realtà, ma di fatto uccide la realtà oggettiva. Non temo l'accusa di aver "spoilerato" il finale, in quanto quello è già accaduto nel titolo.
Il presupposto a tutto questo è che la o le scienze sono ormai, come ho ampiamente descritto in altri articoli simili, un dogma a tutti gli effetti che va a contrapporsi o tenta di sostituirsi a qualsiasi forma di spiritualità.
Questo è solo un presupposto, ma indispensabile per capire come troppo spesso la "verità" scientifica sia totalmente riconosciuta come tale quella oggettiva di fatto criticata perché non dimostrabile con empiriche. Di fatto il problema della scienza è tutto lì non riesce a capire ciò che non è in grado di vedere. Eppure si sono sbattuti e non poco per dimostrare che quello che li circonda ma non riescono a vedere a occhio nudo (la polvere) in realtà è una composizione di atomi composti a loro vota da particelle ancora più piccole (gli acari).
Nonostante questo il relativismo, concetto filosofico che tenta di darsi un contesto storico antico per avere credibilità, di fatto altro non è che "una posizione filosofica che nega l'esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva." (vaccapedia) ovvero secondo i relativisti non esiste una verità assoluta, od oggettiva, bensì solo una o più verità soggettive o interpretazioni personali dell'evento osservato. Fin qui mi sembra una stronzata, ma se ne può ancora discutere. Partendo da questo presupposto però arrivano ad affermare che, senza l'osservatore umano l'esistenza dell'evento stesso è messo in discussione. Ho indubbiamente anticipato la critica alla visione scientifica sul relativismo ma, come ho scritto era un presupposto fondamentale per giungere alla consapevolezza che non credo sia un caso che alle teoriche giudaico-matematiche di Einstein sia stato dato il nome di relatività e che, la moralizzatrice in questione, abbia portato a supporto della propria tesi il "Paradosso del gatto di Schrödinger" secondo cui, per quanti non hanno dimestichezza con la meccanica quantistica applicata ad un sistema fisico macroscopico, che un gatto posto in una scatola chiusa con una fiala di veleno che si romperà (rilasciando del cianuro) ad un determinato momento nell'arco di un'ora, scaduta la quale il gatto, senza osservazione del sistema è contemporaneamente sia morto che vivo. Questo anche se nelle precondizioni iniziale viene specificato che la fiala di cianuro sarà rotta entro un'ora.
Tralasciando il fatto che, forse, il gatto andrebbe incontro ad una fine migliore rispetto all'essere sorpresa nel territorio di caccia della Belva... a mio avviso queste elucubrazioni mentali sono frutto degli effetti collaterali dell'assunzione di oppio e assenzio. Infatti, a prescindere dalla questione della sovrapposizione quantistica di due sistemi distinti tra loro, tutta la teoria si basa su due assunti pericolosi, il primo è che nessuno apra quella cazzo di scatola per vedere come sta il gatto, ma anche per questo hanno diverse spiegazioni, tutte create per proteggere questa idea assurda. La prima, fantastica "se però si esegue un'osservazione del sistema, questo viene indotto ad assumere uno stato determinato." ovvero osservando il sistema lo stato del gatto non è più una "pippa" mentale, ma l'occhio che ti cava ad artigliate diventa deterministico. La seconda, partendo dall'assunto precedente, dice che l'osservazione diretta del sistema influisce direttamente sul sistema stesso. ovvero il gatto era vivo prima che aprissi la scatola, ma nell'istante in cui ho pensato di guardare dentro la scatola ho ucciso il gatto.
Per ciò ella deduce che, in assenza di osservazione umana, un determinato sistema/evento non esiste. Questo dimostra l'inesistenza di dio (in una qualsiasi delle sue varianti cristiane, islamiche, ebraiche, politeiste, buddiste, ecc.). 
Ovviamente cavallerescamente le ho lasciato esporre la sua teoria, anzi il suo punto di vista, prima di portare l'esempio classico, che si usa in questi, casi privo di indeterminazioni assurde. Nel caso di un incidente stradale, tra uno scooter di merda ed un "bilico" inglese guidato da un rumeno ubriaco per cui tiene la sinistra, ci saranno indubbiamente innumerevoli punti di vista oltre ai quello dei due attori (se entrambi vivi), di eventuali testimoni, eventuali telecamere, il perito che analizzerà l'incidente, il giudice, o liquidatore assicurativo, che determinerà il torto o la ragione. Ma anche questo avvalorerebbe la tesi del relativismo secondo cui la verità, accessibile all'uomo, è un insieme di punti di vista e relative interpretazioni... appunto accessibile all'uomo. Infatti, anche se la comunità scientifica tende a deriderla, esiste una verità oggettiva (ovvero una descrizione dell'evento libera da ogni punto di vista personale) l'evento in sé con tutte le cause, i fatti e gli effetti da essi derivanti. L'evento che esiste a prescindere dall'osservazione umana ed accessibile, forse, solo agli Déi se gli fregasse qualcosa di uno scooter asfaltato da un rumeno ubriaco.
Il concepire il mondo esistente in quanto osservato dal punto di vista divino, fa di me un trascendentale  quanto pare (è andata così).
Questa concezione del mondo è, per i moralizzatori delle macchinette, inconcepibile e inaccettabile, in quanto un gruppo di scienziati e filosofi giudei hanno stabilito che la verità oggettiva non esiste se non visibile dall'uomo, di conseguenza dio (gli Déi) non esiste.
Scatta la prima rappresaglia "hai mai visto un cinese morire?", "ah sì i cinesi sono tutti uguali quindi anche quando muoiono in realtà sono sempre loro che gestiscono...", "no banalmente se non li hai mai viste nascere e non li hai mai visti morire, significa che i cinesi sono immortali!"... i cinesi sono visibili quindi impossibile negarne l'esistenza.
I più attenti avranno già intuito dove volevo andare a parare... io non ho testimonianza diretta nemmeno dell'olocausto, ma devo accettare come verità assoluta e non relativa derivante da mendaci testimonianze oculari soggette a interpretazione.
L'argomento non è in discussione a questo scritto, ma fa capire che, come in tutte le teorie, si scontra con la realtà dei fatti, ovvero che "la shoa è una truffa", "Anna Frank è una stronza" e che su questo argomento il dogma, la verità assoluta, il punto di vista dei partigiani e dei famigliari, prescinde l'esistenza di qualsiasi verità relativa.

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