Anche se potrebbe sembrare, l'articolo di ieri non era pensato e non va interpretato come rafforzativo del pensiero "salviniano" (o imprenditoriale del nord) "viva i negri purché lavorino!". Ovvero nel mio mondo ideale i negri vanno a fare i negri in africa, gli europei rimangono a fare gli europei in Europa, la Boldrini, Fiano, ecc. vanno a fare in culo dove meglio gli aggrada.
Quello che intendevo è relativo al fatto che, data una situazione anomala, il buon senso impone (o dovrebbe imporre) un certo tipo di comportamento. Quello che invece viene applicato allegramente e quotidianamente è un non-senso basato sulla malafede secondo i parametri indicati nell'articolo di ieri.
Il problema subentra nel momento in cui il governo, invece di affrontare i grandi problemi, si concentra sulle puttanate andando a legiferare sull'aria fritta ovvero promulgando leggi che non meriterebbero l'attenzione mediatica che ottengono o sono una ridondanza (spesso contraddittoria) rispetto ad una legge già esistente.
L'esempio calzante, di ridondanza, è la serie di leggi sul "femminicidio", volute dalla Boldrini, ma che si occupano, nello specifico, del reato di togliere la vita ad una donna (anche se non solo occupandosi di crimini rivolti verso le donne). Il compito di uno Stato, o di un governo, non dovrebbe e non è, secondo la nostra costituzione, fare leggi per categorie specifiche di cittadini, bensì di scrivere leggi che colpiscono l'universalità della popolazione diversamente, come espresso in altri articoli, è una legge discriminatoria. Che mancasse una legge sul cosiddetto "Stalking" (o persecuzione) era chiaro, quello che è tutt'ora chiaro è l'idea che le vittime di stalking possano essere esclusivamente le donne (si che era un film e Michael Douglas ha fatto una stronzata, ma "Attrazione Fatale" lo dimostra piuttosto bene). Sostanzialmente non c'era bisogno di creare una legge che punisse, di nuovo, il reato di omicidio solo perché uomini e donne appartengono a due generi diversi. Infatti, si diceva nel medioevo, uomini e donne sono uguali innanzi alla legge e a dio.
Ci sono anche leggi inutili che si immischiano nel quotidiano delle persone.
In Italia esiste un modo piuttosto sicuro per stabilire se una donna sia signora o signorina e non ha nulla a che vedere con l'età, la verginità o la congiunzione astrale dei pianeti con il loro segno zodiacale. Una persona sposata dovrebbe portare la fede (sostanzialmente un anello) all'anulare sinistro (il dito anulare prende il nome dal fatto che è preposto ad ospitare "quell'anello"). Per favorire la propagazione dell'ambiguità è stato imposto, per mezzo di legge, che qualsiasi donna di età maggiore (ovvero di 18 anni o più) sia appellata con il termine signora, la scusa ufficiale è che, chiamandola "signorina" non si faccia allusione in modo offensivo al fatto che ci si sta rivolgendo ad una "zittellaccia inacidita". Questo non dovrebbe essere regolato a termini di legge, ma dovrebbe essere semplicemente buon senso. Ovvero, salvo quelle bestie musulmane che si sposano con delle bambine, è una ragazza che una ragazza minorenne non può essere sposata e di conseguenza una signora. Anche perché, in termini di legge, si incorre nella violazione inversa, ovvero dando delle signora ad una ragazza minorenne, ma che dimostra una maggiore età che non possiede, si rischia di offenderla in senso inverso. La convenzione sociale vorrebbe che ci si rivolga ad una donna sempre con il massimo rispetto (anche se si tratta di "Cicciolina" che di una signora ha giusto il sesso), ma regolamentando una convenzione sociale con una legge, la violazione della stessa obbliga una sanzione indipendentemente che sia penale o amministrativa. Nel caso specifico finire in galera per aver chiamato "signora" una zitellona impenitente mi sembra davvero una stronzata.
Questi ovviamente sono solo due esempi di quello di cui il governo, negli anni, si è occupato, ma non gli competeva e non era assolutamente necessario. Soprattutto perché i cafoni continueranno ad essere cafoni e le persone "deboli", che non possono denunciare il cafone, continueranno a subire le cattive maniere dei prepotenti.
Nella categoria rientra anche la regolamentazione delle coppie di fatto (diverse dalle unioni civili tra giraculo e leccapassere) che dovrebbe regolamentare quelle situazione di convivenza che non sfocia in un matrimonio, ma garantisce alle parti gli stessi diritti di una coppia "legalmente" coniugata. Non sono mai entrato nel dettaglio della regolamentazione sulle convivenze, ma immagino che non basti presentarsi dal notaio, alla morte del convivente e dire "sono quello/a che diritto di intascare l'eredità" per essere riconosciuto come tale. Immagino che una convivenza, per essere riconosciuta come coppia di fatto, debba essere ufficializzata in qualche modo (magari con una semplice auto-dichiarazione in comune). Quindi piuttosto si potrebbe snellire la pratica della mera unione civile (matrimonio contratto per la sola amministrazione quindi non il sacramento religioso) anziché inventarsi una pratica contorta per fare in modo che chi divide le spese di un alloggio sia trattato alla stregua dei coniugi. La mia personale opinione (che non vuole offendere nessuno in particolare) è che la coppia di fatto sia stata creata per gli indecisi. Mi spiego meglio c'è chi sceglie la convivenza perché non vuole vincoli e possa, in qualsiasi momento, andarsene senza lasciarsi nulla alle spalle. Discutibile, ma è una scelta. Il matrimonio, civile o religioso, è un impegno a lungo termine che va coltivato ed in cui bisogna investire quotidianamente. Sostanzialmente non ci sono pause, non sono ammessi time out, ma richiede una immersione totale nella vita di coppia. Ragione per cui bisognerebbe scegliere accuratamente la persona con cui ci si intende sposare, anziché buttarla lì come fosse l'ipotesi per una vacanza.
Infine arriviamo alle coppie di fatto. Per me è una scelta fatta da chi non è sicuro della propria scelta, ma, allo stesso tempo, non vuole sentirsi solo un coinquilino. Un'alternativa per chi è religioso, ma non troppo, da volersi sposare in chiesa (pallottola che nella maggior parte dei casi si può sparare una sola volta) e a chi non vuole riferirsi alla persona amata con il termine "coinquilino"... e se le cose vanno male basta un'altra auto-dichiarazione (in comune) che la relazione è finita. Per quest'ultimo esempio basterebbe snellire le pratiche di separazione e divorzio (che in parte è già stato fatto accorciando almeno i tempi obbligatori che devono intercorrere tra la presentazioni delle due domande) in modo tale che separarsi o divorziare non sia un'odissea.
Riguardo a quest'ultima affermazione ci tengo a sottolineare che nella mia personale visione del mondo, se il matrimonio deve essere voluto fortemente (ovvero non essere un'ipotesi di vacanza), allo stesso modo il divorzio non dovrebbe essere chiesto per "futili" ragioni. Se guardo indietro (ai miei nonni ad esempio) sono stati insieme una vita "finché morte non gli ha separati" oggi, guardando meramente le statistiche e non entrando nel merito di casi specifici, l'impressione è che si chieda il divorzio per una domanda sbagliata... "amore ti preparo un tè?"... "basta voglio il divorzio!!!" Chiaramente il mio è un esempio estremo, ma basandomi sull'impegno che le persone sono disposte ad investire nelle proprie attività ho idea che ci sia lo stesso impegno nei matrimoni.
Non intendo dire che se una relazione è sbagliata si debba stare insieme per forza, ma non bisogna arrendersi alle prime difficoltà. Allo stesso tempo bisognerebbe avere il coraggio di rompere una relazione quando ci si rende conto che è sbagliata, prima di ritrovarsi sposati e con una marea di figli che diventano le vittime sacrificali dell'indecisione dei genitori.
Dopo quest'infinita divagazione, il compito dello Stato non dovrebbe essere quello di sostituirsi al buon senso delle persone, ma piuttosto di occuparsi dei problemi che il singolo cittadino non è materialmente in grado di affrontare. Ovvero non è compito della vecchina occuparsi della "termovalorizzazione" della "munnezza", diversamente finiremmo come Napoli dove si da fuoco ai cassonetti per strada. Il compito della "nonnina" è quello di replicare al cafone che la chiama signora quando questa non si è mai sposata per scelta.
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