Oggi vi vorrei parlare dei tanti Eroi, dell'esercito italiano che, durante l'ultima guerra, diedero prova di spirito di sacrificio, ardimento e capacità che spesso i nostri avversari ci riconoscono, mentre i nostri dittatori... ehm i nostri parlamentari... si dimenticano, ignorano e/o nascondono per paura di risvegliare nel "popolino", ormai addomesticato e rassegnato all'idea di essere un incapace impotente e imbelle senza alcuna attitudine se non verso il tradimento, il sollazzo e l'intrallazzo.
Mentre la repubblica, rossa o rosé che sia, celebra il tradimento e la sconfitta in quel 25 aprile (data assolutamente scelta a cazzo dal momento che la guerra andò avanti, ufficialmente, ancora per almeno una quindicina di giorni e le rappresaglie antifasciste ai danni di chiunque non avesse abiurato il fascismo in quel fatidico 8 settembre del '43, per almeno un altro mese o più), c'era e c'è un Italia che invece ricorda i propri Eroi anche senza nostalgismo verso il periodo fascista al governo dell'impero o della piccola e fedele Repubblica Sociale.
Giovanni d'Auria, classe 1899, era uno di questi eroi che iniziò la sua carriera di soldato tra gli alpini nella prima guerra mondiale e da pilota militare nel primo dopo guerra a ridosso della guerra in Etiopia, durante la quale si distinse per meriti e atti eroici che gli ha garantito riconoscimenti, encomi, medaglie e promozioni partito dal grado più basso dell'esercito, arruolatosi nei fasci da combattimento, molto prima della marcia su Roma, raggiunse il grado di Colonnello Comandante di squadriglia prime e stormo poi. Fu infatti comandante del 9° stormo con base a Viterbo, ma, trasferito in Sicilia, fu impiegato nel faticoso e, purtroppo, quasi inutile compito di operare i bombardamenti sulle installazioni militari di Malta. All'epoca, a differenza della "ruffianaggine" odierna, la carriera era basata sui meriti e dal ruolino di volo del Comandante d'Auria ciò che è riuscito ad ottenere lo ha ampiamente meritato.
Non intendo certo guastarvi il gusto della lettura di questo libro straordinario, scritto dal figlio in ricordo del padre, che era distribuito gratuitamente in quanto l'autore non voleva offuscare, con i fini di lucro, l'intento dell'opera che è quello di rendere omaggio, ricordare e rendere immortale la vita di suo padre un Eroe della Patria che, sino all'ultima ora (ovvero ben oltre a quando i partigiani iniziarono la resa dei conti contro il fascismo che li aveva sempre ignorati, ma avevano necessità di fare la "storia" per guadagnarsi un ruolo di prestigio nel brigantaggio post bellico) indossò la sua divisa da soldato, da pilota militare della Repubblica Sociale Italiana.
Dai racconti del figlio emergono alcune conferme a fatti storici che avevo già incontrato in altre biografie, quale quella di Dönitz e di Kesselring, ovvero che i tedeschi non odiavano gli italiani, né li trattavano con sufficienza e disprezzo. Almeno fino al tradimento dell'8 settembre con cui il governo Badoglio ed il Re d'Italia Vittorio Emanuele III voltarono la schiena all'alleato di oltre 3 anni di guerra per schierarsi con il nemico che sino per tutta la durata della guerra, incluso il periodo seguente alla firma dell'armistizio, continuarono a bombardare le zone residenziali delle città italiane, dando la colpa alla guerra contro il nazismo. Inoltre che il tradimento dell'Italia fu fatale anche alle sorti dell'Italia, infatti per fronteggiare l'invasione alleata i tedeschi dovettero spostare "ben 15 divisioni dal teatro di guerra russo sul Donetz" per occupare le postazioni abbandonate dagli italiani e rafforzare il fronte sud (quello italiano). Quindi la favoletta che ci raccontano gli storici italiani che gli alleati ci hanno liberato dal nazifascismo è una menzogna bella e buona. Che i tedeschi avevano invaso l'Italia sin dal '38 (dopo la firma dell'alleanza tra i nostri paesi) è una menzogna. Trova invece conferma che molti "partigiani" lo diventarono dopo o in concomitanza con la morte del Duce, mentre quelli che "combatterono" già dai primi giorni di settembre del '43 erano un numero esiguo ed il loro combattere era, il più delle volte, un tentativo di sottrarsi all'arresto per diserzione (erano infatti ex soldati che avevano lasciato il proprio posto di combattimento). La loro guerra era invece più incentrata alla caccia al fascista o ai loro famigliari così che uomini vennero uccisi per essere fascisti mentre "donne", di 14 anni o meno, sono state violentate perché il padre o il fratello erano soldati dell'esercito repubblicano. Quest'ultimo vile atto, seppure non isolato, non era per fortuna la norma, in diversi casi si limitavano a "rapare a zero" le donne affinché portassero su di loro il segno della "vergogna" di avere un parente o un amico fascista. Questi gli atti eroici dei partigiani che, quando si trovavano in 20 contro 4 soldati della regia aeronautica, preferivano lasciar passare piuttosto che affrontare a viso aperto uno scontro a fuoco, preferendo le imboscate, come accadute e raccontate dal colonnello al figlio, allo scontro leale.
Un altro fatto storico fu la mancata presa di Malta da parte dei reparti paracadutisti della folgore che, per volontà di Rommel, furono dirottati nelle trincee nordafricane anziché occupare l'isola che, come dimostra la Storia (anche quella ufficiale) era il punto strategico da cui gli inglesi controllavano il traffico marittimo nel Mediterraneo impedendo così le linee di rifornimento tra l'italia ed il fronte nordafricano. Questo a dispetto del piano ordito da Kesselring che aveva ottenuto l'appoggio dell'ammiraglio Dönitz e della marina da guerra tedesca. Con questi due errori, ovvero il tradimento italiano e susseguente spostamento delle divisioni dal fronte russo ed la mancata occupazione di Malta, oggi si racconta una storia diversa (forse), ma di sicuro quello che oggi noi proviamo sulla nostra pelle sono gli effetti della libertà propinata dai liberatori e dai loro servi. Quando basterebbe chiedere alle popolazioni che sono state sotto il giogo sovietico ed hanno patito la loro avanzata verso occidente (sempre giustificato dal fatto che i tedeschi se lo sono meritato, anche quando le violenze erano perpetrare in Finlandia, Estonia, Lituania, Lettonia, Ucraina, Polonia, Cecoslovacchia, ecc. insomma ben prima dell'ingresso della bestia rossa sul patrio suolo tedesco.
Tornando al libro merita di essere letto, se non altro per "ascoltare" la voce di chi quei fatti li ha vissuti sulla propria pelle e non li ha sentiti raccontare da testimoni oculari più giovani di me che ci raccontano di atrocità commesse sulla popolazione civile da parte dei nazifascisti e della mancanza di libertà di parola con cui oggi ci tappano la bocca a meno di esprimere giudizi positivi sui carnefici della libertà che difendono, ci impongono e allo stesso tempo ci negano.
"Giovanni d'Auria - pilota" Cervai editrice 1998
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