8 maggio 2018

La musica indipendente è morta?

Partendo dall'articolo apparso su "Il Primato Nazionale" relativo alla musica indipendente. L'analisi non è molto corretta ovvero i costi di produzione, proprio a fronte dell'avanzare della tecnologia, non sono molto proibitivi. Ma ciò su cui hanno ragione è tutto il mangia mangia che sta nel mezzo, cioè tra l'artista ed il pubblico.
La SIAE intasca soldi dagli autori iscritti come tali, per il deposito dei brani, ma senza offrire una reale tutela all'artista della propria opera. I distributori, quelli che prendono il disco "finito" e lo portano fisicamente nei negozi di dischi (o più verosimilmente lo mettono in vendita sui canali on-line quali amazon, discogs, iTunes, ecc.), intascano la loro quota solo per trasportare i byte, della canzone digitale, o il CD. Di questo normalmente dovrebbe occuparsene la casa discografica, ma in tal caso si supera il concetto di musica indipendente in quanto, per quanto di nicchia possa essere, l'artista di fatto è sotto contratto, quindi non è più indipendente.
Per farsi conoscere potrebbe allora, in tutta autonomia, una volta stampato il disco fare dei concerti e proporre la vendita diretta del prodotto al pubblico, ma subentrano altri fattori tra cui di nuovo la SIAE (anche se a livello ipotetico dovrebbe essere a carico del locale che paga l'artista e paga la stessa per le esecuzione di determinati brani depositati), il fattore gruppo (ovvero una formazione stabile con cui potersi esibire dal vivo), ecc.
Prima di arrivare al fattore ambientale, relativo al locale in cui suonare musica dal vivo, subentra un altro fattore ancora... il gusto della gente.
Quando la massima espressione della musica dal vivo, per i giovani d'oggi, è andare a sentire un DJ che oltre a mettere su dei dischi fa poco altro (apparentemente anche in quello bisogna essere capaci, per incontrare il favore del pubblico che spesso giudica la sequenza dei brani proposti), viene difficile per un musicista fare "carriera".
Dove per fare "carriera" intendo semplicemente poter campare di musica. Se le trasferte sono a carico della band (e magari ti propongono un concerto a 1200 km da casa e ti pagano con un piatto di pasta scotta e una birra), diventa estremamente difficile uscire dal circuito in cui si è cresciuti artisticamente o si finisce per svendere la propria musica a favore di una più "commerciale" per poter entrare in quel circuito in cui si fanno i soldi "veri" con tutto ciò che questo comporta.
Per quanto non lo prenderei mai come modello musicale rimane simbolicamente potente il gesto di Gianluca Grignani che qualche tempo fa, invitato al Festivalbar, aveva palesemente mostrato quanto tutti sapevano da tempo, cioè che gli artisti si esibiscono in playback (per quelli che non masticano l'inglese, significa che i musicisti fingono di suonare e cantare, ma in realtà c'è un "disco" che suona la loro Hit del momento al posto loro). Grignani, mentre avrebbe dovuto iniziare a cantare si è gettato tra le "braccia" del pubblico, mentre il disco ha continuato a suonare. L'allora patron Vittorio Salvetti fece un "culo a capanna" (terminologia industriale) a Gianluca il quale anni dopo fu costretto a profonde scuse dopo un lungo silenzio televisivo e radiofonico (evidentemente gli hanno fatto capire che se voleva vivere di musica doveva adeguarsi ai suoi meccanismi).
Sostanzialmente se si vuole proporre l'immagine del "bello e dannato" deve essere appunto solo un'immagine diversamente o ti allinei al pensiero unico (sì torna sempre) oppure fai musica per passione e rimettendoci i soldi di tasca tua perché con la, seppur benevola, carità di parenti e amici che decidono di comprare una copia del disco... ti ci paghi qualche sala prove, ma di sicuro non si ricoprono le spese (per quanto basse) di produzione, di distribuzione e di trasferta.
A tutto questo va aggiungersi il talento personale dell'artista. Vedendo quanto emerge dai talent show musicale... celebrerei volentieri il funerale della musica italiana, perché o propongono rielaborazioni di brani di successo (a volte riconoscibile solo da quel testo che bene o male hai imparato a memoria) o propongono pseudo-pop rock in cui le linee vocali sembrano sempre più dei Rap di periferia priva di una qualsiasi linea melodica, ma semplicemente una serie di parole vomitate o urlate all'interno di un microfono.
Per carità de gustibus... il problema è che non c'è alcuna alternativa "ufficiale". O ti ascolti quello o ti ascolti la neo melodica napoletana (o zone limitrofe), ma da musicista del nord Italia non è facile dedicarsi alla musica napoletana... potrebbe risultare ridicola (ammesso che l'abbaiare in napoletano non provochi una violenta reazione spontanea nella Belva che decide di squarciarmi la gola pur di farmi cessare quel latrato).

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