Secondo gli imprenditori di tutta Italia (o almeno quelli che spesso vengono intervistati facendo quindi intendere che il problema sia questo) se non ci fossero gli stranieri le loro attività sarebbero già chiuse da tempo.
In più occasioni ho espresso l'opinione che si trattasse di fumo gettato negli occhi per assecondare la menzogna messa in piedi dalle caste che dipinge gli italiani come dei fannulloni che non hanno voglia di fare un cazzo, ma per "fortuna" ci sono gli stranieri.
Poi ci sono i disoccupati che battono la testa al muro per avere lavoro e dignità, ma si ritrovano a non poter andare in pensione perché ancora troppo "giovani", ma, alla loro veneranda età, non sono più appetibili per le aziende. Nel frattempo quelli che hanno "voglia" di lavorare sono sempre, guarda caso, di origine straniera (includo anche gli zingari dell'est Europa), giovani, forti e, soprattutto, in possesso delle qualità per essere pagati una miseria (loro) e non costare un cazzo (o comunque meno) in tasse per l'imprenditore.
Nella maggior parte dei casi, sinora almeno, mi avete visto scrivere articoli di denuncia contro Tizio, Caio e Sempronio accusati, da me, di "fraternizzazione col nemico" ovvero di favorire il pellet, o lo zingaro, a discapito dell'autoctono.
La storia di oggi, tratta dalla serie "Pensa a chi sta peggio!", c'è quella di 3 italiani che, licenziati, sono stati costretti inizialmente ad "appoggiarsi" (abitativamente) da amici, barcamenando il lunario con piccoli lavoretti, in seguito finendo per dormire nella macchina di uno dei 3 trasformata (per l'occasione in un campeggio pur di non finire a dormire per strada "Uniti nella malasorte, Massimo, Paolo e Antonella, per tre mesi hanno trascorso le nottate all’interno della Nissan, equipaggiata di teli su parabrezza e finestrini per ripararsi dalla luce del sole e dagli sguardi indiscreti, e le giornate sulle scale del Comune di Velletri per ottenere assistenza e un lavoro. Dicevano: «Questa non è una scelta di vita. Noi siamo finiti in disgrazia perché non troviamo un lavoro; un qualsiasi lavoro per riconquistare dignità. Al momento l’unica nostra speranza è il reddito di cittadinanza. Abbiamo fatto richiesta e il primo sussidio dovrebbe arrivare a metà mese»." (fonte Il Primato Nazionale).
Questo è uno dei tanti esempi di quale sia il vero volto della politica dell'accoglienza attuata dai governi precedenti e che vorrebbe applicare anche una certa parte di quello attuale.
Il discorso è, ridotto ai minimi termini, "una coperta troppo corta" ovvero in Italia la situazione economico-lavorativa è un totale disastro. Come ho già denunciato, vedo continuamente, lungo la strada che percorro per tornare a casa e nel quartiere in cui vivo, fabbriche che sono state dapprima abbandonate (o delocalizzate non fa differenza) e vengono sostituiti letteralmente, dal momento che abbattono l'edificio, da supermercati. Chiaramente anche se fosse che gli ex dipendenti della fabbrica vengono assorbiti dalla nuova attività commerciale, significa anche che praticamente si pagano lo stipendio da soli, visto che abbiamo più supermercati che fabbriche che producono le materie messe in vendita. Nel senso che per avere uno stipendio saranno costretti a comprare nell'esercizio usufruendo dello sconto dipendente (dove applicato), ma anche che parte del proprio stipendi sarà reinvestito nell'esercizio stesso.
Ho scritto, qualche riga fa, che oggi poteva rappresentare un occasione per non parlare contro gli imprenditori (o non tutti almeno). Infatti nel caso dei tre italiani costretti dagli eventi a dormire in macchina, hanno potuto ricevere dell'aiuto di un privato (un imprenditore) laddove le istituzioni hanno fallito "Ad aiutarli non è stato il Comune di Velletri, al quale gli sventurati si sono rivolti a più riprese, ma un generoso imprenditore locale, Daniele Santini, titolare del ristorante “Paradiso Ricevimenti”. Santini ha offerto a Massimo, Paolo e Antonella non solo una casa e un letto dove dormire ma anche un impiego presso una delle attività ristorative gestite dalla sua famiglia. «La decisione di intervenire per aiutare Antonella, Paolo e Massimo l’ho presa insieme a mio padre Francesco, mia madre Giuliana mio fratello Claudio e mia moglie Luisa. Da sempre la mia famiglia non si è mai tirata indietro quando si è trattato di poter tendere una mano. L’ho fatto nella speranza che sia di buon esempio per altri ed anche per far riflettere coloro che si lamentano sempre, di quanto siano in realtà fortunati ad avere un lavoro ed una casa», queste le parole del ristoratore veliterno che ha deciso di tendere la mano a tre italiani in un momento di seria difficoltà. Massimo Solinas, 47enne operaio edile originario di Marino, infatti, dopo essere stato licenziato dalla ditta per la quale lavorava, con un divorzio sulle spalle, si è ritrovato a vivere ospite di amici. All’inizio tirava avanti con piccoli lavoretti occasionali, poi neanche più quelli ed è stato l’inizio di un incubo: «Ho chiesto lavoro dovunque ma quando dicevo di avere 47 anni mi chiudevano la porta in faccia»." Come si può evincere dalle parole di Massimo sembra essere lui che faceva lo schizzinoso nei confronti del lavoro, ma i datori che facevano i difficili nei confronti di un "vecchio". Potrei portare altre testimonianze, alcune anche personali, di situazioni simili. Eppure sono sempre gli italiani a non voler fare determinati lavori. Quando però ci si ritrova i pellet e gli zingari in posizioni di "prestigio" (esempio in uffici pubblici anziché sotto il sole a raccogliere i pomodori)... anche quello è un caso in cui sono gli italiani che non vogliono fare quel lavoro?
Per quanto mi riguarda spendo volentieri un "plauso" nei confronti di Daniele Santini che a breve sarà tacciato di razzismo per aver dato lavoro a 3 italiani anziché a due negri e una zingara.
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