6 settembre 2018

Storici satirici.

C'è l'eventualità che alcuni storici, ispirati da certe "realtà" televisive quali 'Fascisti su Marte' o cinematografiche quali "Ironsky", rielaborano la storia in chiave degenere. Frutto di questi impulsi liberal-democratici è la, non si sa bene accertata da chi, omosessualità di Alessandro Magno, Colin Farrell, (esplicitamente espressa nel film Alexander), la presunta omosessualità di Achille, Brad Pitt (allusa nel film Troy, per lo strano, e troppo stretto, rapporto tra Achille ed il cugino Patroclo).
Finché si tratta di un film, penserete voi, non è un problema così grande... si sa che si tratta di finzione. Purtroppo non è del tutto vero. Soprattutto in quest'epoca in cui la cultura (persino quella scolastica di base) è desertificata e l'insegnamento della Storia è demandato ai documentari a volte "seri" (o quanto meno più obbiettivi) come quelli della famiglia Angela, il più delle volte osceni come quelli di "focus" e "History Channel" sempre "spiegati" da un solo punto di vista... quello dei vincitori.
Naturalmente, se la cultura propinata dallo strumento del "demonio" non ci piace, possiamo sempre puntare ai libri che sono redatti da studiosi seri e accreditati... ed è così che la Storia di Roma diventa quella di una città aperta, multiculturale, multietnica, ecc. (a sto punto per fortuna che Nerone gli ha dato fuoco). Ciò che è storicamente vero è che a Roma (fuori Roma in verità, anche se la successiva urbanizzazione l'ha portato in pieno centro "storico") c'era un tempio dedicato a nessun dio dove chi professava una religione diversa da quella Imperiale, poteva rivolgere le proprie preghiere. Ciò che è storicamente falso è che Roma (sempre riferito all'intero impero romano e non solo alla Capitale) agglomerasse nelle proprie tradizioni quelle dei popoli sconfitti. Anzi ad essere proprio onesti Roma imponeva con la forza delle armi usi, costumi e tradizioni romane in tutto l'impero, cosicché un romano avesse trovato il suo "angolo" di Impero in ogni provincia.
Ovviamente c'erano delle eccezioni a questa regola, una su tutte è la tecnica agricola che l'impero romano (dopo aver tentato di imporre la propria) fu costretta ad apprendere con la conquista della Sicilia, se non ricordo male dalla città di Siracusa, ovvero la tecnica della rotazioni delle colture. In questo caso non posso essere più preciso perché Roma non ha mai fatto un cazzo di buono se non sfornare froci e mignotte, almeno fino ad oggi quando è diventata la città multiculturale che i radical chic sognano sin da piccoli. Infatti su vaccapedia e altri siti di (dis)informazione la tecnica della rotazione delle colture era presente nella protostoria (Ovvero quel minuscolo periodo storico che va dalla prima età del bronzo (prima metà del IV millennio a.C.) e quella del ferro (che ha inizio nel Mediterraneo orientale attorno al XII secolo a.C.). ma non se ne trova traccia in Europa sino al 500 d.c. (proprio in Italia, mentre nel nord Europa due secoli più tardi).
Tornando a Roma città aperta prendo spunto dalla prefazione di un libro che preferirei non pubblicizzare (ma citerò le fonti dove vengono citate) per non dare credito alla cialtroneria di certi sedicenti "storici"... "Roma, “attrattiva, dinamica, aperta, dal forte potere aggregativo e persino coinvolgente, appare come un immenso laboratorio multiculturale” [...] Roma avrebbe dato vita “a una realtà religiosa multiculturale, ovverosia ‘aperta’, un argumentum, oggi, di un’attualità drammatica e di fronte alla quale ancora una volta lo studio dell’uomo antico corrobora tutte le persone ‘di buona volontà’ nel non abbassare mai la guardia nei confronti dei pericoli legati alle demagogiche generalizzazioni sempre acritiche e astoriche”" meno male che lo sanno di non abbassare la guardia contro le faziosità di certi storici che vorrebbero gli eroi antichi come una manica di voltaculo e le marce militari dei grandi Imperi del passato come una specie di scampagnata gay pride con i quali convincere le popolazioni barbare ad arrendersi alla Potenza (arcobaleno) di Roma Antica. A Roma tutti i popoli assoggettati (e schiavizzati) potevano diventare cittadini (ovvero ottenere la cittadinanza)? Certo che potevano, ma intanto va distinta quella che è la cittadinanza concessa alle popolazioni delle province romane (la Gallia Cisalpina, la Gallia Transalpina, la Britannia, l'Iberia, la Germania, ecc.) e la Cittadinanza Romana (della capitale) in quest'ultimo caso gli stranieri passavano un lungo periodo di schiavitù (almeno 5 anni) al servizio dei patrizi romani, se venivano liberati, potevano scegliere se diventare gladiatori o arruolarsi nell'esercito (altri 5 anni), successivamente potevano ottenere la cittadinanza e diventare plebei (contadini al servizio dei patrizi, ma stipendiati), sostanzialmente facevano tempo a morire 3 volte e, in ogni caso, non gli era consentito di mantenere i propri credi religiosi. "“inutile (o, meglio, molto utile!) sottolineare le cogenti analogie di quanto fin qui ricordato con la contemporaneità nella quale siamo chiamati a essere cittadini di Stati ‘aperti’, ancor più nel momento in cui si sentono voci crudeli che parlano di nuove e disumane mura, di qualsiasi natura esse siano, da innalzare al fine di negare il naturale movimento degli uomini nell’ecumene”" e ancora "a proposito dei galli, cioè i sacerdoti della Mater Magna: “lo status di gallo, per quanto denigrato, non avrebbe potuto, anch’esso, destare l’interesse dei ‘transgender’ romani i quali avrebbero potuto realizzare, grazie a ciò, una parte delle loro aspirazioni di genere, vivere in una sorta di comunità collegata a un santuario e riuscire a ottenere così un ruolo in un culto riconosciuto?”" Scusa? Parliamo di quei 'transgender'? Cioè dei pentiti che si tagliano tette o cazzo per cambiare sesso? Riferito ad un tempo in cui si moriva per un raffreddore o, se scomposta, per una frattura articolare? Quasi quasi è meglio focus... ma non è finita infatti "Il saggio sul rapporto tra la dea cartaginese Tanit e la romana dea Caelestis di Claudia Santi, tutto volto a dimostrare che in fondo i romani erano tanto accoglienti da trovare uno spazio nel proprio pantheon persino a una dea dell’esecrata Cartagine, mi sembra particolarmente problematico, basato com’è su di un’unica fonte, per altro molto tarda, vale a dire Servio, in cui tra l’altro il rituale dell’evocatio, a detta della stessa autrice, non è nemmeno chiaramente attestato ma solo frutto di “un’allusione”".
Gli stralci tra apici ("") ed in grassetto sono raccolti da Il Primato Nazionale... se volete approfondire potete partire da lì per andarvi a cercare il libro, perché una tale accozzaglia di idiozia non merita nemmeno menzione tra le mie pagine (e ho riportato le cialtronate della Boldrini che è tutto dire).

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