Su "Il Primato Nazionale" oggi compare un articolo quasi nostalgico (anche se i toni non sono favorevoli), sulla morte del boss Totò Riina.
Si fa riferimento (chiaramente) al fatto che con la morte di Totò sia morto un mafioso vero e non un "guappo" di quartiere (e pure zingaro) balzato alle cronache per una testata rifilata ad un giornalista della Rai.
Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è proprio lì. Intanto non esiste una sola mafia ed un solo tipo di mafia, bensì innumerevoli e di diverse origini etniche, già sul nostro territorio, con diversi comportamenti, con diversi ambiti azione. La mafia non è solo quella di Riina, dei suoi predecessori e dei suoi successori, ma anche quella di una serie di personaggi ambigui e di cittadini "normali" che accettano determinati comportamenti.
Riina è il boss che ha fatto saltare in aria i giudici Falcone e Borsellino, Brusca è il sadico che scioglieva i bambini nell'acido, Provenzano l'erede di Riina, alla guida dei "corleonesi", latitante, per un tempo record, di 43 anni. Certo la mafia è fatta di questi personaggi e di questi gesti distruttivi, ma la mafia è fatta anche, e soprattutto, di accordi economici, di tangenti, di favori in cambio di favori, di affari illegali, di affari sporchi, di appalti truccati, di gerarchie ferree e di fedeltà assoluta, ma la mafia è fatta anche di complicità, di silenzio, di muta rassegnazione o di inconsapevole accettazione di un comportamento errato, di lavoro nero (che non è un lavoro da negro), di evasione fiscale perpetrata o semplicemente tollerata. Ogni volta che si accetta di sorvolare sull'emissione di uno scontrino (o di una fattura) in cambio di uno "sconticino" o, più incredibilmente, pur di non avere quell'inutile pezzo di carta in tasca o in mano che ci costringe a fare due passi in più per raggiungere il cestino più vicino, di fatto si sta tenendo un comportamento mafioso.
Di conseguenza non è necessario muovere i fili di un quartiere, di una città, di una regione o di una nazione per essere mafiosi. Non serve assetare o demolire Palermo e la Sicilia intera, per essere mafiosi. Non serve importare tonnellate di droga o milioni di clandestini in Italia per essere mafiosi. Basta comprarne un grammo illegalmente, o accettare la regolarizzazione di un solo clandestino. Basta scambiare un favore con un altro. Basta tirare una testata e difendere chi quella testata l'ha tirata per essere mafiosi.
Come dimostrato ampiamente con l'operazione "Minotauro", che aveva portato all'esecuzione di 151 ordinanze di custodia cautelare in tutta Italia per la presenza della ‘ndrangheta nella sola provincia di Torino, per scoprire che la mafia, in quell'occasione, non aveva cercato i grossi nomi della politica piemontese o i grandi imprenditori, bensì nel mirino della 'ndrangheta erano finiti piccoli imprenditori e piccoli nomi della politica consiglieri comunali di comuni di 15.000 anime.
Quindi per un partito che si vuole rifare, almeno nell'integrità ideologica, al fascismo non è tollerabile che tra le proprie file si aggiri uno zingaro mafioso.
Il Duce Benito Mussolini è il genere di persona che ha chiamato il prefetto Cesare Mori, che in precedenza (applicando la legge) aveva fatto arrestare gli squadristi, nominandolo prefetto di Trapani pur di estirpare il cancro della mafia. Certo secondo Il Primato Nazionale quella era la mafia vera.
Per estens. Gruppo di persone che usano illecitamente il potere anche a danno di qlcu. o qlco. per conseguire i loro interessi particolari... che si rubi una mela o un miliardo di euro si è ladri. Per lo stesso principio la mafia degli zingari Spada, potrebbe volere un'arma di ricatto contro Casapound in modo tale che, qualora diventasse troppo potente o pericolosa, sia facilmente ricattabile o denunciabile.
"La mafia è una vecchia puttana che ama strofinarsi cerimoniosamente alle Autorità per adularle, circuirle e… incastrarle. ” – CESARE MORI
Nessun commento:
Posta un commento