30 aprile 2019

Negli anni in cui uccidere un fascista non era reato.

La plebaglia dopo il 29 aprile 1975 scandiva, durante i loro cortei, "il 29 Aprile lo ha dimostrato. Uccidere un fascista non è reato!".
Per quei pochi che non conoscono o ricordano la storia di Sergio Ramelli, di cui ieri si sarebbe dovuto celebrare il ricordo con una marcia commemorativa silenziosa e ordinata com'è sempre stata negli anni passati, il 13 Marzo 1975 Sergio viene aggredito a colpi di chiavi inglesi (del peso di 2 chili ciascuna) sul cranio da alcuni militanti di Avanguardia Operaia, dopo 47 giorni di agonia Ramelli muore, ma per rintracciare e arrestare i colpevoli ci vorranno ben 10 anni.
Questa è l'italietta di chi predica pace e amore spaccando la testa di chi la pensa in maniera diversa e non solo non si vergogna della propria ipocrisia, ma continua a vantarsi e continua, seppur con parole diverse, ad intonare lo stesso slogan. 
Come ho detto più volte, compreso nella commemorazione dello scorso anno, quella che un tempo era una sinistra (per non dire comunismo) popolare stalinista e leninista talmente vicina ai bisogni del popolo da trovare punti di contatto con le tematiche più socialiste di "fascismo" e "nazismo", oggi (come 44 anni fa) non ha più nulla da spartire con la propria ideologia essendo, di fatto, diventata parte integrante e attiva di quella borghesia che tanto odiava e che oggi è nota con il termine, un tempo dispregiativo, radical chic. Com'è noto nel commando che compì l'azione contro Sergio vi erano diverse figure di spicco di quella che sarebbe diventata la Milano "bene". Gli aggressori materiali erano due studenti di medicina (divenuti due stimati medici all'epoca del processo), nel commando dispiegato nell'agguato erano impiegati il fratello di un magistrato ed una biologa-ricercatrice, ecc.
Oggi come allora la stampa di questo paese privo di senso e ragione continua a sputare su un passato che continua a temere in quanto è rimasto, nei decenni, fedele a sé stesso. Se la sinistra è stata tradita da sé stessa e dai suoi stessi militanti (diventando di fatto appetibile e funzionale al sistema), dall'altra c'è una destra, quella estrema e radicale (dove radicale ha ancora il suo valore originale) che nel cuore ha ancora uno slogan scolpito a fuoco "Contro il sistema boia chi molla!".
Per questo i codardi non mollano la presa, per questo non permettono che nemmeno il "centrodestrismo" all'acqua di rose di Salvini, Berlusconi e Meloni possa trovare spazio scevro dalla nomea infamante (nei nostri confronti) di "fascista".
Così ogni scusa è buona per provocare, o denigrare, l'unica parte politica che non abbassa mai la testa, in grado di affrontare ogni contestazione con la dialettica e con la forza (quando questa è richiesta) la cui reazione è sempre spietata e senza mezzi termini... una reazione che non fa prigionieri... non più.
Questa è l'italia di chi non solo non condanna, ma persino difende chi fa questo "Basta leggere e farsi raccontare da chi c’era in quale contesto maturò l’assassinio di Ramelli, che per il fatto di essere un militante del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Msi, era considerato semplicemente uno “sporco fascista”. Subì continue aggressioni, intimidazioni, minacce estese ai suoi familiari. Una terrificante sequela di violenze che lo costrinse a cambiare scuola, scelta che non gli salvò la vita, perché un suo ex compagno consegnò una sua fotografia agli universitari mazzieri di Avanguardia Operaia. Si pensi che persino una volta morto i suoi genitori, straziati com’erano dal dolore, furono oggetto di telefonate minatorie e altri messaggi raggelanti." (fonte Il Primato Nazionale) quei giornalai, politici e "pezzenti" danarosi che non sanno fare i conti con l'ombra di quel passato che, in quanto borghesi, ora li perseguita. Allora continuano la "lotta" a colpi di scritte indegne, soprusi ideologici e leggi che violano le libertà fondamentali di un individuo da quella di espressione a quella di pensiero. Così Fiano e Boldrini riescono a impedire alle persone di poter parlare di un determinato periodo storico (se non riportando le solite menzogne trite e ritrite), così Sala si nasconde dietro alla prefettura e vieta il corteo di commemorazione per Sergio Ramelli, così Gad Lerner sputa (in primo luogo su ruolo e sull'etica che dovrebbe avere un giornalista) sulla memoria di Ramelli scrivendo su twitter "Imbrattare la lapide di Sergio #Ramelli è stato un gesto spregevole. La memoria della sua morte ingiusta merita rispetto. Non forniamo alibi ai fascisti che, protetti dalla @LegaSalvini , infestano di nuovo l’Italia con azioni violente, razzismo e culto dell'uomo forte pic.twitter.com/9RbvT6a49I" (stessa fonte) a chi legge solo superficialmente può sembrare che condanni il gesto in sé "Imbrattare la lapide di Sergio #Ramelli è stato un gesto spregevole. La memoria della sua morte ingiusta merita rispetto.", ma la seconda parte indica chiaramente che la condanna non è tanto per la memoria di Sergio quanto "Non forniamo alibi ai fascisti che, protetti dalla @LegaSalvini , infestano di nuovo l’Italia con azioni violente, razzismo e culto dell'uomo forte".
Concludendo per quanti si sono presentati alla commemorazione non violenta, silenziosa e commovente di Sergio Ramelli sono stati accolti dalle manganellate delle forze dell'ordine in barba alla diceria che l'accusa di aggregazione sovversiva era roba da fascisti.

SERGIO RAMELLI... PRESENTE!!!

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