Ho avuto modo di gustare questa "pellicola" (avendola recentemente citata in un articolo) e devo dire che me la ricordare molto più "terribile" cioè che a difendere El Alamein ci fosse l'armata rossa o giù di lì.
Per mia sorpresa invece non dico che sia di parte (giusta), ma, salvo i pensieri del disfattista Serra in verità alcuni spunti interessanti li offre. Ad esempio quando il Sergente Rizzo (interpretato da Pierfrancesco Favino) racconta della sua esperienza in africa e di quando venne catturato dagli inglesi durante la caduta di Bengasi. Rizzo racconta della sua fuga alla prima occasione ed il ritorno a Bengasi dove rimase nascosto per 3 mesi... avrebbe potuto restare imboscato per il resto della guerra, ma appena la città viene riconquistata dagli Italiani ritorna al reparto. Con una nota di tristezza nella voce afferma che lui non si arrenderà al nemico perché "per un soldato non è mica bello essere prigioniero", anzi per essere giusti l'affermazione giusta è "se gli inglesi mi vogliono vedere con le mani alzate, me le devono alzare da morto, perché da vivo col cazzo che le alzo... per un soldato non è mica bello essere prigioniero".
Per tutto il film vige una certa atmosfera che, a differenza di altre pellicole, narra delle critiche condizioni dei soldati al fronte con le linee di rifornimento ad oltre 1000km, mentre gli inglesi le avevano dietro l'angolo e con il problema che né Rommel né gli ufficiali di Stato maggiore italiani, vollero risolvere della conquista di Malta da cui (regolarmente) partivano le navi ad intercettare i nostri convogli dei rifornimenti dall'Italia (nonostante Kesserling avesse organizzato un piano e predisposto uomini e mezzi per la conquista dell'isola che costituì la spina nel fianco di tutta la campagna d'africa). Dicevo che nelle scene si evince chiaramente la situazione disperata, ma non serpeggia il disfattismo che caratterizzava altre pellicole sull'argomento, magari i alcuni preferiscono la resa all'estremo sacrificio altri, invece, vengono catturati, ma non c'è diserzione di massa o frasi politiche contro il governo o il Duce.
L'unico momento di "tensione" si verifica quando al fronte, dopo settimane di mancati rifornimenti, arrivano due camion uno con il cavallo personali di Mussolini (con cui sarebbe entrato ad Alessandria) e l'altro con un carico di lucido da scarpe.
Chiaramente non è dato sapere se l'episodio sia realmente accaduto (a parte il fatto che nel film il cavallo era nero anziché bianco come invece era previsto storicamente), resta il fatto che non ci sono frasi ingiuriose nei confronti del Duce il massimo a cui si spingono è questo quando l'autista obbietta all'idea del tenente Fiore di mangiarsi il cavallo personale del Duce "Tu non hai capito niente! Di a Mussolini... Che se vuole che arriviamo ad Alessandria deve mandare armi, munizioni, divise e uomini freschi a darci il cambio! E deve mandare l'aviazione... A bombardare gli inglesi! Non il lucido da scarpe!" che ci può anche stare (essendo in quel momento il più alto in grado a comando del "27º Reggimento fanteria "Pavia"") che un tenente non sappia che i problemi di rifornimento sono più gravi della semplice pigrizia di qualche autista che non ha voglia di attraversare mezzo deserto per portare i rifornimenti ad El Alamein. In ogni caso in altri film avrebbero aggiunto insulti o nomignoli ingiuriosi (riletti in chiave moderna), mentre in questo film si evince la voglia di continuare a combattere per l'Italia (l'esercito non era in ritirata, bensì era bloccato in avanzata verso Alessandria), ma l'impossibilità di farlo per la penuria di rifornimenti e mezzi.
Viene descritto piuttosto bene, seppur con una semplice quanto fugace allusione, all'ardimento del reparto "Folgore" quasi completamente spazzato via dai carri inglesi da cui si sono difesi con bombe incendiare e mitragli anziché adeguate armi anticarro... fanteria paracadutista contro i temibili carri "Matilda"... un bagno di sangue.
Nessun cenno alla famosissima frase "Mancò la fortuna, non il valore", ma alla fine del film una "carrellata" all'interno del sacrario dove un uomo è in piedi di fronte alle lapidi dei, presumo, suoi compagni.
Tutto sommato è un film che si può gustare. D'altronde le critiche più feroci si scagliano contro il fatto che il film non è un film politico (ovvero non si scaglia apertamente né contro la guerra, né contro il fascismo... quindi non è politico), anche se, come detto poco fa, il disfattismo del VU Serra (Volontario Universitario) che, riprendendo un po' altri film quali ad esempio "La sottile linea rossa" (titolo a caso proprio), racconta la guerra tramite la presa di coscienza del soldato. Una cosa va detta a quelli che sono guerrafondai per il fascino della guerra...
La guerra (per esperienza indiretta) non è né eroica né magnifica, è sporca e puzzolente. Gli Eroi cadono in battaglia e sono le loro gesta ad essere eroiche non la guerra in sé. Essere pronti a morire per la patria è ammirevole e, in tempo di pace, lo sono... ma è nella battaglia che la natura umana si rivela. Dagli scontri che ho affrontato nella mia vita non mi sono mai tirato indietro ho incassato la sconfitta ed incassato la vittoria accettando ogni volta la sorte, ma se si pensa di partire per la guerra pensando di andare a fare un picnic in campagna... mi sa che è il caso che ci si pensi un attimo in più.
Per mia sorpresa invece non dico che sia di parte (giusta), ma, salvo i pensieri del disfattista Serra in verità alcuni spunti interessanti li offre. Ad esempio quando il Sergente Rizzo (interpretato da Pierfrancesco Favino) racconta della sua esperienza in africa e di quando venne catturato dagli inglesi durante la caduta di Bengasi. Rizzo racconta della sua fuga alla prima occasione ed il ritorno a Bengasi dove rimase nascosto per 3 mesi... avrebbe potuto restare imboscato per il resto della guerra, ma appena la città viene riconquistata dagli Italiani ritorna al reparto. Con una nota di tristezza nella voce afferma che lui non si arrenderà al nemico perché "per un soldato non è mica bello essere prigioniero", anzi per essere giusti l'affermazione giusta è "se gli inglesi mi vogliono vedere con le mani alzate, me le devono alzare da morto, perché da vivo col cazzo che le alzo... per un soldato non è mica bello essere prigioniero".
Per tutto il film vige una certa atmosfera che, a differenza di altre pellicole, narra delle critiche condizioni dei soldati al fronte con le linee di rifornimento ad oltre 1000km, mentre gli inglesi le avevano dietro l'angolo e con il problema che né Rommel né gli ufficiali di Stato maggiore italiani, vollero risolvere della conquista di Malta da cui (regolarmente) partivano le navi ad intercettare i nostri convogli dei rifornimenti dall'Italia (nonostante Kesserling avesse organizzato un piano e predisposto uomini e mezzi per la conquista dell'isola che costituì la spina nel fianco di tutta la campagna d'africa). Dicevo che nelle scene si evince chiaramente la situazione disperata, ma non serpeggia il disfattismo che caratterizzava altre pellicole sull'argomento, magari i alcuni preferiscono la resa all'estremo sacrificio altri, invece, vengono catturati, ma non c'è diserzione di massa o frasi politiche contro il governo o il Duce.
L'unico momento di "tensione" si verifica quando al fronte, dopo settimane di mancati rifornimenti, arrivano due camion uno con il cavallo personali di Mussolini (con cui sarebbe entrato ad Alessandria) e l'altro con un carico di lucido da scarpe.
Chiaramente non è dato sapere se l'episodio sia realmente accaduto (a parte il fatto che nel film il cavallo era nero anziché bianco come invece era previsto storicamente), resta il fatto che non ci sono frasi ingiuriose nei confronti del Duce il massimo a cui si spingono è questo quando l'autista obbietta all'idea del tenente Fiore di mangiarsi il cavallo personale del Duce "Tu non hai capito niente! Di a Mussolini... Che se vuole che arriviamo ad Alessandria deve mandare armi, munizioni, divise e uomini freschi a darci il cambio! E deve mandare l'aviazione... A bombardare gli inglesi! Non il lucido da scarpe!" che ci può anche stare (essendo in quel momento il più alto in grado a comando del "27º Reggimento fanteria "Pavia"") che un tenente non sappia che i problemi di rifornimento sono più gravi della semplice pigrizia di qualche autista che non ha voglia di attraversare mezzo deserto per portare i rifornimenti ad El Alamein. In ogni caso in altri film avrebbero aggiunto insulti o nomignoli ingiuriosi (riletti in chiave moderna), mentre in questo film si evince la voglia di continuare a combattere per l'Italia (l'esercito non era in ritirata, bensì era bloccato in avanzata verso Alessandria), ma l'impossibilità di farlo per la penuria di rifornimenti e mezzi.
Viene descritto piuttosto bene, seppur con una semplice quanto fugace allusione, all'ardimento del reparto "Folgore" quasi completamente spazzato via dai carri inglesi da cui si sono difesi con bombe incendiare e mitragli anziché adeguate armi anticarro... fanteria paracadutista contro i temibili carri "Matilda"... un bagno di sangue.
Nessun cenno alla famosissima frase "Mancò la fortuna, non il valore", ma alla fine del film una "carrellata" all'interno del sacrario dove un uomo è in piedi di fronte alle lapidi dei, presumo, suoi compagni.
Tutto sommato è un film che si può gustare. D'altronde le critiche più feroci si scagliano contro il fatto che il film non è un film politico (ovvero non si scaglia apertamente né contro la guerra, né contro il fascismo... quindi non è politico), anche se, come detto poco fa, il disfattismo del VU Serra (Volontario Universitario) che, riprendendo un po' altri film quali ad esempio "La sottile linea rossa" (titolo a caso proprio), racconta la guerra tramite la presa di coscienza del soldato. Una cosa va detta a quelli che sono guerrafondai per il fascino della guerra...
La guerra (per esperienza indiretta) non è né eroica né magnifica, è sporca e puzzolente. Gli Eroi cadono in battaglia e sono le loro gesta ad essere eroiche non la guerra in sé. Essere pronti a morire per la patria è ammirevole e, in tempo di pace, lo sono... ma è nella battaglia che la natura umana si rivela. Dagli scontri che ho affrontato nella mia vita non mi sono mai tirato indietro ho incassato la sconfitta ed incassato la vittoria accettando ogni volta la sorte, ma se si pensa di partire per la guerra pensando di andare a fare un picnic in campagna... mi sa che è il caso che ci si pensi un attimo in più.
Nessun commento:
Posta un commento