17 febbraio 2017

Beato silenzio... parte II

Sicuramente se il post di ieri lo avessero letto i "moralizzatori delle macchinette" avrei beccato 50 visite all'ora e plausi da tutte le parti... per fortuna, per ora, sto riuscendo a tenerli a debita distanza.

Ciò premesso. Alcuni di voi avranno pensato (in mala fede) che avessi finito le idee e che il post di ieri segnava la fine di un'era per un nessuno che aveva due cazzate da dire, dette le quali sarebbe tornato nell'oblio. Sul fatto che io sia un "nessuno" non ci sono dubbi. Non mi vedrete mai (se non debitamente e preventivamente informati) apparire in TV, perché per me questo diario pubblico non è un mezzo, come invece è per certi pellet, per diventare famoso, fare un sacco di soldi e poi vendermi al miglior offerente come una prostituta di periferia troppo gnocca per i marciapiedi di Buenos Aires o per quelli di New York. Lo dimostra il fatto che non vedete pubblicità sparse qua e là (che sono quelle che permettono ai bloggers di guadagnare "soldi").

Quindi il post di ieri voleva semplicemente essere il non cavalcare l'onda di una tragedia rappresentata dalla morte di due giovani, il ragazzo di Udine e quello di Lavagna (GE).

Oggi se ne può parlare?!?
Francamente "Me ne frego!!!"
Anche perché il drogato di Lavagna era un cazzo di colombiano di merda!

Il problema non è che se ne possa parlare oppure no e nemmeno se la droga debba o no essere legalizzata e nemmeno quali siano le responsabilità dello Stato sull'intera vicenda.

Il problema è che tutto ormai è strumentalizzato tutto ormai è talmente normale che non esistono più le idee originali. Perché per avere idee, originali o no, sarebbe necessaria la disponibilità di un cervello funzionante. Per cui vengono ripresi gli eccessi del passato, ma l'eccesso per essere tale deve necessariamente andare oltre al normale. Quando tutto ormai è normale come si fa? L'unico oltre che rimane è la morte, ma temo che da quell'oltre sia piuttosto difficile tornare.
Allora se il problema non è nessuno di quelli citati sopra qual è il problema. Il problema è proprio quello appena denunciato, ovvero che ormai tutto è talmente normale che non esistono più le ribellioni, le richieste di aiuto, gli anticonformismi. Se pensiamo, ad esempio ai tatuaggi, originariamente chi aveva un tatuaggio o era stato in galera o era un marinaio. Spesso però le due cose coesistevano, ovvero una volta usciti di prigione ci si imbarcava in marina per tornare a guadagnare qualche soldo e per quel senso di libertà che solo il mare aperto può dare e che gli anni di galera negavano. Prima di essere frainteso non faccio riferimento all'origine del tatuaggio che probabilmente risale al "chissenefrega" e diffuso in "chissenefrega" tra i "chissenefrega", sto parlando degli eccessi. Oggi i ragazzini di sedici anni hanno già almeno 3 tatuaggi a testa fanno abuso abituale di droghe e alcool e così via. Quando questi arrivano ai 18 anni (e finalmente possono guidare la macchina) sono più inquartati del verme nel mescal.
In tutte le generazioni ci sono stati gruppi di persone che hanno fatto dell'eccesso la loro ragione di vita, ma se non era una richiesta di aiuto era comunque un volersi distinguere dalla massa di coetanei, una forma (nociva e autodistruttiva) di protesta contro un sistema che li emarginava proprio perché non allineati alla mentalità delle regole morali dettate (quando non imposte) dalla religione, dalla società, dai media al pensiero dominante. Ma al giorno d'oggi in cui tutti gli eccessi sono normali. I veri anticonformisti non sono quelli che vanno ancora più oltre, ma quelli che vanno contro. Perché non serve "ridursi a merda" (come si suol dire) tutte le sere, non serve tatuarsi nell'interno coscia la farvallina di Belen per emularla tanto per essere al passo con la moda del momento. Sia ben inteso non sto discutendo e mettendo in discussione chiunque si faccia un tatuaggio, ma sto semplicemente dicendo di valutarne le ragioni. La ragione è avere un disegno, una frase, un qualcosa che ci rappresenti per tutta la vita? Oppure pitturarsi qualcosa addosso tanto per essere più eccentrici del proprio collega di lavoro? O ancora per provare quel brividino provocato dal dolore degli aghi, che per qualche giorno, ci ricorda di essere vivi?
Se il caso è quest'ultimo il mio consiglio è capire se c'è altro che vi possa far provare quel brivido di vita, perché quando sarete una macchia indistinta di inchiostro... cos'altro potrete fare?

Per quanto riguarda gli abusi di sostanze stupefacenti. Non ne faccio una questione di legalità o illegalità, ma semplicemente una questione di "a cosa ti serve"? Se l'alcool o la droga ti servono per essere accettato dai tuoi simili, siamo al punto precedente, se è un piacere personale che condividi con i tuoi amici, non hai bisogno di eccedere ed un bicchiere di vino (legale e di quello buono) da lo stesso effetto di una canna (illegale). Per cui se fosse piacere, anche solo per quel senso di leggerezza che le sostanze psicotrope (inteso come alterazione della mente) provocano, sono contenute in entrambe le fonti. Allora perché legalizzare qualcosa che di per sé da effetti simili ad una sostanza (l'alcool) che è già legale. Il problema non è tanto la legalizzazione delle, cosiddette, droghe leggere (cannabis in primis), quanto legalizzare tutto il mondo di droghe che c'è alle loro spalle. Un tempo si diceva che fosse la religione l'oppio dei popoli... allora perché non garantire direttamente al popolo l'accesso all'oppio, anziché cercare di convincerlo a credere in qualcosa che può portare a scontri all'interno della vasta comunità mondiale che si intende creare? Ecco il perché della diffusione di sostanze stupefacenti. La religione permette, ad una classe dirigente quale era la chiesa, di portare il popolo ad un determinato stato di eccitazione o calma, ma nei soggetti più acuti può non attecchire così in profondità. Mentre le droghe provocano chimicamente un'alterazione del pensiero e della coscienza a cui è impossibile, o quasi, resistere.

Come ho sempre detto, sono estremamente convinto che tutto questo non è casuale. Che non è possibile che i governanti si pongano, di loro iniziativa, l'obbiettivo di devastare il popolo che decide del loro destino, anche perché da un momento all'altro potrebbero essere semplicemente scavalcati. Per assurdo morte le generazioni come la mia che ancora ha capacità di pensiero e che è in grado di discernere tra giusto e sbagliato, che ancora si illude di poter cambiare le cose (anche attraverso il voto) spetterà alle nuove leve ormai "larvizzate" decidere del loro destino. Probabilmente però potrebbe non interessargli nemmeno più andare a votare, quindi i pagliacci della politica non avranno più niente se non i soldi che i poteri forti gli avranno infilato in tasca.
Per queste ragioni ci deve per forza essere un gruppo di persone che può fare tranquillamente a meno del consenso popolare. E questo gruppo di persone non possono essere neanche le banche perché quando il popolo non avrà più niente da poter essere pignorato, non avrà più un lavoro, ecc. anche le banche cesseranno di avere un ruolo determinante nella vita delle persone.
Quindi i gradini della piramide diventano sempre più alti, perché chi sta dietro a tutto non può permettersi di essere raggiunto o scavalcato da chi è posto in basso. Ma non può nemmeno permettersi che il popolo si ribelli o se ne infischi del sistema che hanno messo in piedi.

1 commento:

  1. Io penso che ci siano ancora persone responsabili o che cercano di misurare se stessi attraverso l'impegno politico, sociale o sportivo (non i professionisti ovviamente). Gli alpinisti morti a Gressoney appartengono a quella categoria, ma fanno notizia solo se muoiono. Ci sono i volontari della Croce rossa o i ragazzi di Casapound che scavano le macerie dei terremoti. Ma nessuno di questi può essere additato ad esempio perché un regime di nani ha bisogno che gli esempi per i giovani siano più bassi di loro.

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