26 giugno 2020

Ancora una volta l'Italia si prostra ai carnefici degli italiani.

Non fosse così grave, non farebbe quasi notizia. Eppure "il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, si recherà presso il monumento eretto ai 4 terroristi fucilati a Basovizza [...] per rendere omaggio congiunto con il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor. A darne notizia è proprio quest’ultimo che dal sito istituzionale della presidenza della repubblica annuncia: “sta se predsednika Pahor in Mattarella dokončno dogovorila in potrdila program njunega srečanja v Trstu in obeležitve 100. obletnice požiga Narodnega doma” (i presidenti Pahor e Mattarella hanno finalmente concordato e confermato il programma del loro incontro a Trieste e la commemorazione del 100° anniversario dell’incendio del Narodni dom). Di detto incendio e della restituzione del palazzo oggi sede della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori abbiamo già detto molto proprio qui, sulle pagine del Primato Nazionale" Prima di approfondire la storia dei 4 terroristi divenuti, in seguito vittime della ferocia nazifascista, è male far presente che quel PiDiota di merda di Mattarella il prossimo 13 luglio si recherà a Basovizza per rendere omaggio al monumento e, con l'occasione, far una capatina alle omonime foibe del comune sloveno. Le 4 vittime del nazismo non furono presi a caso per una rappresaglia in seguito ad un attentato contro le forze invadenti (al termine del conflitto), bensì... "Trieste, 1930. È il 10 febbraio quando alle 22.30 una bomba esplode nella sede de Il Popolo di Trieste, il principale quotidiano italiano della Venezia Giulia. Muore, all’età di soli 26 anni uno dei dipendenti dello stesso, Guido Neri. Restano invece gravemente feriti Giuseppe Missori, Dante Apollonio e Marcello Bolla. Una bomba identica, per costruzione e per particolari, a quella esplosa nel gennaio dello stesso anno al Faro della Vittoria, simbolo degli eroi caduti sul mare durante la Grande Guerra. Cominciano a circolare alcuni volantini deliranti, in cui si rivendicano molti attentati tra cui quello al faro “della falsa vittoria”. Anche quello in cui morì Carso Blasina “sotto il nostro piombo”, specificando che “s’è così salvata la nostra nazione della sua sporca presenza. […] maledetta l’Italia, il Fascismo, i Savoia, lo sposo stupido e la Principessa brutta”. Partono le indagini, i primi terroristi confessano, i testimoni parlano [...] La furia criminale continua ed il 1 marzo vengono date alle fiamme le scuole di Sgonico, a Trieste. Il 25 marzo è la volta di quelle di Cattinara ma la miccia fortunatamente si spegne. Forse era difettosa. Il primo dei due incendi deve essere un battesimo per uno degli attentatori, tale Obad. Con lui ci sono anche Spanger, Stoka e Rupel, molto più esperti del primo e che già avevano dato alle fiamme il ricreatorio della Lega Nazionale di Prosecco. Gli autori dell’attentato alla sede del Popolo di Trieste tentano di uccidere anche Giovanni Curet ed il centurione Grazioli. [...] Tutti i responsabili di questi attentati vennero comunque condannati. Nel 1930 si svolse, infatti, il processo ai membri del “Borba” Francesco Marusic, Milos Zvonimiro, Bidovec Ferdinando e Luigi Valencic. Vennero tutti condannati a morte. Per tutti gli altri 8 imputati, invece, le penne emesse andarono dai 30 anni di Luigi Spanger ai 2 anni e 6 mesi di Sofia Korze. In molti casi vi fu il rilascio anticipato dei condannati, come nel caso di Obad e Pertot. Spanger, addirittura, con una condanna a 30 anni, né scontò solo 9 per effetto degli atti di clemenza emessi dal Regime." Insomma questi i "santi" vittime della persecuzione Fascista della comunità slava della Venezia Giulia a cui Mattarella andrà a rendere omaggio. Questo lungo prologo, "saccheggiato" a Il Primato Nazionale, è per mostrare la viltà, la pochezza politica, l'opportunismo di una classe politica che ha trascinato, e trascina tuttora, l'onore dell'Italia e del popolo Italiano nel fango o peggio. Infatti continuano a dipingere, ed è la sensazione che si ha un po' tutti, che il popolo italiano sia rappresentato prima dal Tradimento dell'8 settembre del '43, quindi un'intero popolo incapace di mantenere fede agli impegni presi e alla parola data, e con la furbizia delittuosa rappresentata dalle macchiette napoletane. Sicuramente i pregiudizi verso i napoletani, per me, hanno trovato un valido  riscontro in alcuni personaggi autoctoni che incontrai nell'unico viaggio oltre confine che, a La Spezia, separa il sud Italia dal nord africa. Ciò nonostante non tutto il popolo napoletano è rappresentato dalle caricature elaborate ad arte dal Principe Antonio de Curtis noto ai più con il nome di Totò. Lo stesso discorso lo possiamo ampliare e applicare al resto del paese e del nostro popolo. Non tutti sono, ad oggi, figli di quel "ignobil 8 di settembre" e di quella classe politica che, già durante il fascismo, remava contro il DUCE per puro spirito carrieristico, arrivistico e di pusillanimità e che in vece di impegnarsi nei propri compiti per vincere la guerra restava immobile in attesa delle sconfitte che, almeno inizialmente, tardavano ad arrivare ed infine gioendo delle vittorie nemiche della rinvigorita arma bellica angloamericana che attraverso i bombardamenti sulle aree residenziali delle città italiane spinse il popolo, sin lì fedele ma stanco dei tanti sacrifici a cui era quotidianamente chiamato, a cedere le armi quando capì di essere stato abbandonato dal suo Re.
Nel libro "Giovanni d'Auria - Pilota" (il cui titolo richiama il nome del protagonista) il figlio del colonnello comandante racconta i giorni dei successi, quelli degli insuccessi e quelli del doppio gioco operato dal Re Piccolo (Emanuele III di Savoia) ed il furbo maresciallo Badoglio che, arricchitosi con il fascismo, ne abiurava l'appartenenza stringendo la mano, per ben 7 giorni, all'alleato tedesco mentre già  strizzava l'occhio al nemico inglese a cui avrebbe presto presentato una resa incondizionata. Nel libro viene presentato un popolo, quello italiano, capace di far fronte ai sacrifici per lungo tempo, lamentandosi (dato che la mancanza di libertà di parola è una menzogna della propaganda antifascista), ma facendo del suo meglio per sostenere lo sforzo bellico. Così, dato che siamo stati chiamati in guerra dal covid-19, l'italiano ha ancora una volta mostrato disciplina e senso del dovere, che molti scambieranno per codardia o per tale la faranno passare pur di non riconoscere l'orgoglio di noi italiani di essere italiani. Di essere in tutti i settori produttivi l'eccellenza del mondo intero. Uomini di genio il cui intelletto è offuscato dalla grottesca rappresentanza degli stessi discendenti di quel tradimento che, come un cancro, si è piazzato sulle poltrone d'Italia e ha poi plasmato, tramite sotterfugi, maneggi e leggi atte alla distruzione di quello spirito guerriero che ci ha contraddistinto per millenni, a propria immagina e somiglianza. Con il covid, come ho detto, l'italiano ha mostrato di non essere una caricatura da avanspettacolo, ma di essere invece un protagonista della storia recente e passata. Così è se l'intera Europa, con la complicità dei nostri governanti canaglia, ha impiegato oltre 70 anni e tutte le proprie energie pur di piegare la 5° potenza economica del paese, basata, secondo gli stolti storici nostrani e stranieri, sulla corruzione e sulla proliferazione della mafia.
Nostro è il compito di ricordare che essere italiani ed essere fascisti non è la stessa cosa si può essere uno senza essere l'altro, anche se per chi vuole svendere l'Italia sono sinonimi. Si può amare la propria nazione senza doversi per forza recare in pellegrinaggio a Predappio per comprare le ciabatte del DUCE. Si può essere italiani senza dover seppellire i propri nemici nei piloni di cemento dell'autostrada. Presidente Mattarella si può essere italiani senza dover andare a regalare un palazzo, sede di un prestigioso istituto superiore, alla minoranza slovena che lo consegnò alle fiamme senza troppi riguardi. "Carte alla mano, infatti, due giorni fa si è tenuta una conferenza presso la sala Tessitori di Trieste in cui si sono ripercorse le tappe fondamentali di quei fatti. A partire dall’omicidio di Giovanni Nini, giovane patriota di appena di 17 anni, trafitto a morte da due “slavisti” (come venivano definiti all’epoca). Il tutto accadde durante una manifestazione di solidarietà per l’omicidio di altri due patrioti, il comandante della nave “Puglia” Tommaso Gulli ed il motorista Aldo Rossi, avvenuto il giorno prima a Spalato. Successivamente all’omicidio del giovane Nini, gli “slavisti” si rifugiarono nell’allora hotel Balkan, rincorsi da una folla spontanea che aveva assistito alla morte del patriota. Qui le versioni cominciamo a dividersi ma la tesi più accreditata e supportata, secondo la Lega Nazionale e Renzo de’ Vidovich, dai documenti presenti presso l’archivio di Stato vuole che il secondo piano dell’hotel Balkan fosse stato trasformato in una vera e propria santabarbara, fornita di armi, munizioni ed esplosivi. E proprio dal secondo piano partì la granata che uccise Luigi Casciana, tenente del Regio Esercito presente sul posto per arginare l’insurrezione. Poco dopo cominciarono a divampare le fiamme, sempre dal secondo piano, che in breve tempo inghiottirono la parte superiore del palazzo. La causa? Forse uno scoppio accidentale avvenuto all’interno del Balkan, forse il tentativo di bruciare i documenti in possesso degli “slavisti”.
Il punto della questione è che secondo questa accreditata ricostruzione, l’evento non è attribuibile alla folla né, tanto meno, ai fascisti come sostenuto dall’Anpi e dalle altre sigle filo slovene."

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