5 giugno 2017

Altre linee guida

Come ho già detto in altre occasioni, che vi invito ogni tanto ad andare a rileggere, io non intendo con i miei scritti formare, fondare, raccogliere voti per un partito o movimento politico. Il mio obbiettivo non è quello di convincervi a votare per me (non essendo candidato a nulla e per nessuno), tanto meno dirvi "questa è la via!". Il mio intento è quello di URLARE il mio sdegno per una situazione che è già insostenibile ora, ma non potrà fare altro che peggiorare se "noi" popolo non ci decidiamo a cambiare direzione.
Avevo già dato la definizione di democrazia (quella ufficiale non certo quella che si percepisce vivendo nel quotidiano), ma per l'argomento che vado ad affrontare è meglio ricordare che è una
"Forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti", dal punto di vista teorico il potere lo abbiamo noi, ma sappiamo bene (vedendolo ad ogni elezione, dicendocelo al bar tra una partita di coppa e una di campionato) che noi eleggiamo determinate persone che fanno determinate promesse elettorali, ma una volta raggiunta la poltrona si fanno bellamente i cazzi loro. Il problema non è "solo" che il sistema è sbagliato, ma, dal punto di vista meramente demagogico, il sistema in sé non sarebbe sbagliato se la politica facesse, oltre agli interessi del popolo, in modo di interessare il popolo stesso alla vita politica del paese. Il problema più grosso è che la maggior parte delle persone percepisce la politica come un qualcosa di inevitabile (leggasi morte, tasse ed votazione una volta l'anno) e come un fastidio che di tanto intanto gli rovina un fine settimana.
Chiaramente non può essere diverso se ogni tema politico (futile) viene sviscerato in televisione fino alla nausea e porta la gente a pensare: "magari gli darò retta quando questi smetteranno di fare gli ultrà in TV" e temi, invece, fondamentali per la vita del cittadino vengono imposti (per lo più nel silenzio generale) come nelle migliori dittature che costoro tanto condannano.
Il problema e la fortuna di sta accozzaglia di cialtroni (classe politica in generale) siamo proprio noi. Siamo un problema perché, essendo italiani, ci ricordiamo ancora l'età d'oro del secondo dopo guerra i cui effetti si sono goduti fino ai primi anni '90. La fortuna è che, avendo assorbito bene il lavaggio del cervello da allora ad oggi, non corrono il rischio di vederci arrivare coi forconi sotto le loro finestre.
Allora quali sono le linee guida?
Sicuramente non possiamo più nasconderci dietro alla frase "piove! Governo ladro!", come dire qualsiasi cosa succede è colpa del governo quando siamo noi che continuiamo a commettere l'errore di eleggere i soliti 4 pagliacci, vero è che i pagliacci son sempre gli stessi, ma ad un certo punto non possiamo gongolare nel nostro piccolo angolo felice quando il nostro vicino di casa muore di fame.
Non possiamo più non far nascere figli italiani perché questo mondo è una merda, e non fare nulla per cambiare questo mondo.
Dobbiamo incominciare (tutti quanti) a riprendere coscienza del nostro valore. Continuano a dirci che essere orgogliosi di essere italiani è da coglioni (nel migliore dei casi) o roba da fascisti (quando vogliono denigrare il nostro popolo). Vero per anni abbiamo subito le angherie di burocrati, capi d'industria e sindacati che da un lato fanno finta di incazzarsi e dall'altro fanno accordi sotto banco.
Ci hanno fatto credere che nei loro 100 anni di storia, i sindacati, hanno fatto gli interessi dei lavoratori italiani, ma si dimenticano di dire che nei primi 25 erano al confino come i cani ed il bene per i lavoratori lo ha fatto il Duce introducendo le 8 ore giornaliere, la pensione, la mutua, la settimana corta, ecc., tutte cose che nel dopoguerra i borghesi hanno pensato bene di cancellare e bisogna aspettare fino agli scioperi degli anni '70 (ovvero almeno 30 anni) per vedere l'intenzione di ripristinare la situazione precedente, forse prima avevano necessità che la gente si dimenticasse che quei diritti, rivendicati dai sindacati... l'Italia li aveva già col fascismo.
Quindi parlando di linee guida per il mondo del lavoro... Posso aggiungere, una maggior partecipazione dello Stato (ovviamente uno Stato Sociale) nella politica del lavoro. Possiamo scrivere quanto vogliamo nella costituzione "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." art. 1 della costituzione, se poi lo Stato si disinteressa completamente dei contratti di lavoro lasciando che siano delle associazioni "private" (confindustria, o chi per loro, e sindacati) a gestire il mondo del lavoro e limitandosi a tracciare delle linee guida senza avere il minimo contatto con la realtà.
Il ministro del lavoro non dovrebbe limitarsi a suggerire, di tanto in tanto, quali tagli operare o le riforme della pensione con l'innalzamento esponenziale dell'asticella. Lo so l'ho già detto, ma non possiamo avere gli anziani in trincea ed i giovani a casa costretti allo studio (anche quando è evidente che non gli interessa) o, peggio, ad aiutare l'economia, domestica, dedicandosi alla microcriminalità. Probabilmente è una cosa che allo "Statomafia" fa comodo in modo da giustificare la criminalità extra comunitaria o il forzare l'assorbimento dei pellet. Ma le cose devono andare diversamente altrimenti a breve vedremo scenari apocalittici (sempre ammesso che i giovani italiani se non più capaci di attaccare siano almeno capaci di non porgere l'altra guancia).
Tornando alla politica del lavoro puntare nuovamente sulla formazione.
Qui difendo le aziende in quanto se un giovane senza esperienza gli costa quanto uno specialista ovviamente l'azienda sceglierà quest'ultimo, il problema è che gli "specialisti" incominciano a diventare vecchi e i giovani continuano a non avere l'esperienza necessaria per introdursi nel circolo elitario del lavoro. E torniamo al punto 1, ovvero vecchi al lavoro giovani a spasso.
Sulla questione degli stipendi ne avevamo già parlato in precedenza, aggiungo solo che più o meno la situazione è ancora "un costo della vita che aumenta a dismisura (merito senza dubbio dell'eccessiva tassazione) e stipendi più o meno fermi al tempo  dell'ingresso nell'euro". Chi può contestare quest'affermazione sono quelli che hanno avuto la fortuna (o la costanza) di restare nello stesso luogo di lavoro o di fare un tipo di lavoro che, nonostante i frequenti cambi, permette una crescita di conoscenze che le aziende riconoscono in fase contrattuale. Ma un giovane che entra nel mondo di lavoro per la prima volta, vede il proprio stipendio non adeguato alle spese mensili fisse.
Come già detto rapportare lo stipendio al costo della vita, o viceversa, è fondamentale per far ripartire il mercato interno. Uno Stato, una Nazione, che non ha mercato interno ha già perso il 70% della propria forza economica. Se a questo aggiungiamo che le nostre aziende producono e pagano le tasse all'estero, l'estinzione è inevitabile le aziende chiudono i vecchi sono troppo giovani per la pensione (salvo accontentarsi della minima che gli permetterà, al massimo, di rovistare nei cassonetti) e troppo vecchi per essere appetibili per le aziende.
Quindi bisogna avere il coraggio di cambiare la rotta altrimenti la caduta in un baratro sarà inevitabile... e la risposta non è certo nei pellet.

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