Alle Idi di Marzo del 44 A.C. Gaio Giulio Cesare di Roma veniva ucciso nella Curia di Pompeo. L'assassinio di Gaio Giulio determinava la fine di una dittatura "populista", si direbbe oggi, ma, secondo il principio di democrazia, è un controsenso usarlo come termine negativo.
Ma andando con ordine dai miei ricordi degli studi storici del periodo classico (risalenti ormai alle lontane scuole medie), il Cesare di Roma fu imperatore e non dittatore, anche se sia vaccapedia sia una forse più autorevole "Treccani" indicano che il concetto di dittatura risale, come quello di democrazia, all'antichità greco-romana.
Eppure sui libri di scuola, odierni, Cesare, dopo il passaggio del Rubicone si proclama dittatore a vita... peccato però che nessuno abbia spiegato alle "giovani e avide menti di domani" la differenza tra la dittatura romana dell'epoca e la dittatura moderna di oggi per cui ogni dittatore è crudele, assassino, pazzo, avido di potere (secondo la visione anarco-catto-comunista della storia), ma quando a proclamarsi dittatore è, l'uomo messo al potere da Ernesto "Che" Guevara, Fidel Castro? Beh allo stesso principio un eccezione la si può concedere. Ma quando Gaio Giulio promulga leggi per sottrarre le terre in eccesso dei patrizi per donarle al popolo, libera gli schiavi e raccoglie il consenso popolare (principi fondamentali dello stesso anarco-catto-comunismo), in che posizione si pone agli occhi della Storia? Persone più illustri di me, da Cicerone a Napoleone Bonaparte, da Dante Alighieri a Luciano Canfora, seppur divisi nel confronto dal passare dei secoli, non sono riusciti a dare un giudizio unanime sulla controversa figura del Cesare. I primi infatti lo definiscono un tiranno a tutti gli effetti, sebbene Cicerone rappresentasse l'ala conservatrice del Senato (quelli che oggi erroneamente definirebbero "fascisti") e Napoleone abbia compiuto le stesse azione, ma ai danni della chiesa anziché dei patrizi. I secondi lo difendono definendolo salvatore della patria, il Canfora, e condannando i suoi assassini inserendoli insieme a Giuda nella Giudecca (l'Alighieri).
Chi ha ragione non sono io a poterlo dire, ma chi ha torto è un bambino che studia la storia con la mente piena delle idiozie e i non-sensi della "mediocrazia" moderna. I genitori gli hanno insegnato quanto "brutta" sia una dittatura, la schiavitù e di quanto invece sia doveroso difendere la classe operaia e contadina. Quindi il bimbo rimane alquanto confuso leggendo la Storia con gli insegnamenti "anarco-catto-comunisti" di genitori e maestre. E pone una domanda al padre che, a quell'età, è la fonte onnisciente, la forza depositaria di ogni sapere, la figura di riferimento infallibile, la cui risposta ed il cui rimprovero rasentano la chiaroveggenza. "Papà Giulio Cesare si proclamò dittatore a vita..." chiede il pargolo "Sì!" risponde il padre "ma era buono! tolse la terra ai patrizi per darla ai plebei... non abolì la schiavitù, ma liberò tutti gli schiavi..." ribatte il bimbo "beh in quanto Imperatore romano..." farfuglia senza sapere come proseguire...
Già proprio qui sta il punto... gli Imperatori romani erano cattivi in quanto accentratori di potere o dittatori? O erano cattivi quando, eletti da una oligarchia corrotta e decadente, venivano investiti di potere assoluto e illimitato per far sì che l'oligarchia stessa potesse mantenere il suo status quo?
Sovrapponendo il sacro al profano... è peggio una dittatura che limita alcune libertà personali, ma migliora notevolmente la vita? Oppure è meglio una democrazia (o repubblica democratica) che dona libertà (di alcuni usi e costumi) ai propri cittadini, ma impedendogli (con la distruzione dello strato sociale e l'impoverimento economico delle classi più deboli) di poter accedere alla libertà che gli viene "donata"?
Sostanzialmente è peggio un Senato che ci ammazza di tasse? O una dittatura che, rispettando determinate regole, ci fornisce tutto il necessario per vivere?
Tra e varie storie che mio nonno era solito raccontarmi, cercando di dimostrare come il comunismo fosse meglio del fascismo, mi raccontò di un suo paesano che, povero in canna, non aveva i soldi per fare la tessera del Partito. Senza tessera del Partito non poteva accedere ad alcuna posizione lavorativa. Senza lavoro non aveva i soldi per fare la tessera del Partito. Possedeva però una bicicletta. Un giorno all'ennesimo rifiuto di concessione di lavoro, perché le leggi avevano creato involontariamente un corto circuito, prese la bicicletta e si recò a Roma dal Duce (il dittatore, il perfido, l'assassino, ecc.) sostò per giorni (così diceva mio nonno) sotto palazzo Venezia sperando di incontrare Mussolini, quando finalmente la sua attesa fu premiata (incontrando il Duce) il concittadino di mio nonno gli spiegò la situazione. Mussolini che, come tutti i dittatori, "non aveva mai tempo per ascoltare il popolo" e faceva promesse elettorali per liberarsi degli "scocciatori"... ascoltò con attenzione il racconto dell'uomo comprese che il fatto di non avere la tessera del Partito non dipendeva dalla sua volontà di allontanarsi dal fascismo bensì da mere ragioni economiche. Il Duce, al termine del racconto rivolse poche parole sommesse ad uno dei gerarchi che lo accompagnavano che rientrò di corsa nel palazzo e ne emerse pochi minuti dopo con una tessera del partito. Una volta compilata con i dati dell'uomo, il Duce la firmò personalmente e da quel momento l'uomo poté avere un lavoro grazie al quale sfamò sé stesso e la sua famiglia. E fu così che il perfido Duce distrusse l'ennesima vita condannandola all'appartenenza forzata al regime fascista.
Tutto questo solo per dire che chi vuole vedere il marcio in qualcosa lo vedrà in ogni caso anche nelle persone che si definiscono in un certo modo, che si ritiene negativo, ma di fatto compiono le stesse azioni che noi per primi intraprenderemmo se dovessimo risolvere quello stesso problema.
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