L'argomento è complesso. Se ci si aspetta da questo articolo risposte sul senso della vita o su cosa ci sia dopo la morte... mi sa che le aspettative sono mal risposte. Quello che posso fare, scrivendo questo articolo, è presentare un punto di vista diverso (forse) rispetto alla visione cristiana classica o della vita moderna.
Senza troppi mezzi termini la "resurrezione" di Gesù, nel modo in cui è stata posta dalla chiesa universale (Cristiano cattolica) è un danno. Di fatto avendo fatto palesare il Cristo, per primo ad una donna affinché la notizia si spargesse più in fretta e poi agli altri discepoli, ha creato la falsa credenza che la morte possa essere sconfitta e quindi si possa vivere in eterno. Così da un lato gli scienziati dall'altra gli animisti hanno cercato la soluzione al problema... Morte.
Argomento lugubre per l'ora di pranzo o di merenda?!? Sapevate che sarebbe arrivato.
Hai voglia poi ad andare a spiegare alle "capre" che la resurrezione di cui sopra era da intendere nel regno dei celi o ad una vita ultraterrena... ormai il danno era stato fatto.
Nell'era precristiana, in cui Thanatos (o il suo pari in altre civiltà) regnava sulla morte, le cose erano più semplici. Segui il tuo destino e ciò che avrai fatto in vita determinerà la destinazione nel mondo ultraterreno. La similitudine con la religione monoteista è palese, ma dovete considerare due cose. La prima è che la religione cristiana originale (per prendere piede e potere) si è sovrapposta, come struttura e festività a quella pagana pre-esistente, erano i concetti ad essere stati stravolti. La seconda è che per tenere sotto lo stivale papale la plebaglia o si dimostrava forte o doveva incutere timore... dal momento che la forza papale era pari a quella di un verme che tenta di sollevare un camion da 35t, ha giocato la carta del terrore. Di conseguenza ciò che era semplicemente un destino (pari all'altro) è diventato "Se non segui alla lettera le (quanto mai) confuse e nebulose istruzioni della bibbia... finisci all'inferno!".
Chiaramente non è questo il luogo né il tempo per parlare delle indulgenze plenarie acquistate a suon di soldoni o delle inquisizioni di santi a vario titolo, ma va ricordato che seppur il regno dei morti norreno (l'Ade greco) si chiami "Hel", dal nome della Dea che lo governa (Hel o Hella appunto), non ha alcuna corrispondenza con l'inferno (in inglese hell) dei cristiani. Non è assolutamente un luogo in cui per l'eternità saremo frustati e sodomizzati da diavoli tormentatori per essere puniti delle colpe terrene, bensì il regno dei morti in cui (rifacendomi alla già citata religione norrena) sono destinati ad andare coloro che non sono destinati al Valhalla (o sala degli Déi).
Su chi è destinato al Valhalla è fonte di controversie cinematografiche per cui taluni sostengono che vi è destinato chiunque muoia di morte violenta, tal'altri che si deve morire con la propria spada in mano (anche se questo avviene in vecchiaia su un letto comodo), la verità sta nel mezzo... neanche per idea! Secondo la Tradizione tramandata oralmente e scritta da Snorri col nome di "Edda", sono gli Déi a determinare chi è meritevole di accedere alla loro sala... sottolineo MERITEVOLE. Questo ha dato vita al, ormai ironico, detto "sono sempre i migliori che se ne vanno!" Ovvero i migliori guerrieri che si sono distinti sul campo di battaglia vengono portati, dalle valchirie, a combattere nel Valhalla in attesa del Ragnarok (la grande battaglia finale che avverrà tra le potenze della luce e quelle delle tenebre).
Ma stiamo già arrivando alla resa dei conti, allo scontro finale, alla conclusione della storia... mentre dobbiamo ancora varcare la soglia.
Thanatos, come indicato nella lontana "introduzione", figlio della Notte e fratello di Ipno (il Sonno) rappresenta la Morte nella sua interezza. Freud nel suo saggio inutile sopravvissuto al "barba" solo grazie alla comunità (a cui apparteneva) che ha "sponsorizzato" le sue opere indegne. Nell'opera che cito sin dall'inizio, e di cui non ho mai fatto il nome, "Al di là del principio di piacere" (del 1920, ma tanto per rimarcare la sua depravazione, affianchiamo una delle opere più famose del "nazista" Nietzsche "Al di là del bene e del male" 1886 così rimarchiamo anche la sua poca fantasia...) "Freud formula il conflitto psicologico in termini dualistici fin dai suoi primi scritti, ma è solo in questo testo che egli presenta un simile conflitto mediante concetti desunti dal pensiero di Empedocle, il quale parla d'un dissidio cosmico fra i princìpi o forze di Amore (o Amicizia) e Odio (o Discordia).
«Empedocle di Agrigento, nato all'incirca nel 495 a.C., si presenta come una figura fra le più eminenti e singolari della storia della civiltà greca [...] Il nostro interesse si accentra su quella dottrina di Empedocle che si avvicina talmente alla dottrina psicoanalitica delle pulsioni, da indurci nella tentazione di affermare che le due dottrine sarebbero identiche se non fosse per un'unica differenza: quella del filosofo greco è una fantasia cosmica, la nostra aspira più modestamente a una validità biologica. [...] I due principi fondamentali di Empedocle – philìa (amore, amicizia) e neikos (discordia, odio) – sia per il nome che per la funzione che assolvono, sono la stessa cosa delle nostre due pulsioni originarie Eros e Distruzione.»" ora non conoscendo gli scritti di nessuno dei due, verrebbe difficile smontare le tesi di Freud partendo dalle sue affermazioni, ma conoscendo l'obbiettivo mosso dalla sua stirpe infame è sufficiente citare le prime quattro righe del pensiero di Empedocle per capire che il cocainomane abbia non frainteso, perché pur sottolineando la sua stupidità lo assolverebbe dall'infamante accusa successiva, ma deliberatamente distorto l'idea del filosofo greco che, semisconosciuto e defunto da 1500 anni, non poteva certo andare a tirare 4 schiaffi in faccia allo spacciatore di droga depravato. Dal pensiero del filosofo "L'opera di Empedocle si presenta come dipendente dalla concezione di Parmenide dell'Essere che "veramente è", ovvero che nulla nasce e nulla muore e l'Essere sempre permane, laddove cerca, tuttavia, di dare conto della presenza dei fenomeni che l'esperienza evidenzia.
La soluzione individuata da Empedocle risiede nel fatto che i fenomeni di nascita e morte sono plausibili qualora li intendessimo come un venire e un andare delle cose per mezzo di mescolanza e separazione, cose che comunque sempre "sono": [...] "Origine", "nascita", "morte", sono dunque "mescolanza" e "separazione" di alcune sostanze che sono eterne e indistruttibili. Empedocle individua quindi in quattro "sostanze", da lui indicate con il termine di "radici", primordiali, non nate ed eternamente uguali, l'origine di ("divengono") ogni cosa: fuoco, aria, terra, acqua. Queste "radici" sono indicate dal filosofo come dèi e chiamati col nome di: Zeus, Era, Adoneo e Nestis. In questo modo «I primi principi si empiono così dell'essenza e del soffio vitale di poteri divini.» Accanto alle quattro "radici", e motore del loro divenire nei molteplici oggetti della realtà, si pongono due ulteriori principi: Amore e Odio (anche Discordia o Contesa); avente il primo la caratteristica di "legare", "congiungere", "avvincere" («Amore che avvince»), mentre il secondo possiede la qualità di "separare", "dividere" mediante la "contesa".
Così Amore nel suo stato di completezza è lo Sfero, immobile uguale a sé stesso e infinito. Egli è Dio e le quattro "radici" le sue "membra", e quando Odio distrugge lo Sfero: [...] Infatti sotto l'azione dell'Odio, presente alla periferia dello Sfero, le quattro "radici" si separano dallo Sfero perfetto e beante, dando origine al cosmo e alle sue creature viventi: prima bisessuate e poi sotto l'azione determinante di Odio, si differenziano ulteriormente in maschi e femmine, e ancora in esseri mostruosi e infine in membra isolate; alla fine di questo ciclo, Amore riprende l'iniziativa e dalle membra isolate, nascono esseri mostruosi e a loro volta maschi e femmine, poi esseri bisessuati che finiscono per riunirsi, con le quattro "radici" che li compongono, nello Sfero." risulta infatti evidente che Amore e Odio sono alla base della generazione della vita prima in termini bisessuati e poi sessuati... se fosse il suo pensiero... ma tutto quanto citato sinora è una mescolanza (appunto) fatta da una serie di loschi individui postumi a Freud (il cui pensiero è inevitabilmente corrotto o distorto dal "pensiero" espresso dal barba), mentre se leggiamo la frase citata da vaccapedia a sottolineare l'ultima affermazione (riguardo alla creazione di esseri bisessuati) si evince il pensiero del filosofo classico:
"«È vaticinio della Necessità, antico decreto degli dèi
ed eterno, suggellato da vasti giuramenti:
se qualcuno criminosamente contamina le sue mani con un delitto
o se qualcuno 〈per la Contesa〉 abbia peccato giurando un falso giuramento,
i demoni che hanno avuto in sorte una vita longeva,
tre volte diecimila stagioni lontano dai beati vadano errando
nascendo sotto ogni forma di creatura mortale nel corso del tempo
mutando i penosi sentieri della vita.
L'impeto dell'etere invero li spinge nel mare,
il mare li rigetta sul suolo terrestre, la terra nei raggi
del sole splendente, che a sua volta li getta nei vortici dell'etere:
ogni elemento li accoglie da un altro, ma tutti li odiano.
Anch'io sono uno di questi, esule dal dio e vagante
per aver dato fiducia alla furente Contesa.»"
Direi che parla decisamente di un'altra cosa ovvero se qualcuno si macchia di un crimine quale il mentire che sia condannato a vagare 30.000 anni (le stagioni nell'era classica indicavano il passare degli anni per cui l'uomo non ha tot anni, ma ha vissuto tot primavere) a reincarnarsi sotto ogni forma vivente. A me puzza più di reincarnazione ed equilibrio carmico, che effettivamente potrebbe, ancora una volta, essere il frutto di una distorsione post moderna.
Ad ogni modo Freud trasforma la pulsione cosmica (più elevata) della forza "aggregante" dell'Amore e quella "Disgregante" della discordia come impulso biologico umano alla vita e alla morte. Non solo quindi banalizzando il pensiero filosofico classico, ma umanizzando un potere divino.
Ovviamente questo va oltre persino alla paura instillata dal cattolicesimo della morte (secondo cui il suicidio è rifiuto del dono divino della vita), ma instilla l'idea che in ognuno di noi esiste una pulsione alla distruzione (e perché no all'autodistruzione dal momento che "Contesa" o "Odio" sono stati associati al Dio Tanato "Morte" e trasformato in impulso).
Nell'arco del tempo qualcosa si è rotto... infatti si è passati dal "Fato" o "Destino" (non certo il personaggio dei fumetti) la strada di ciascuno (Déi inclusi) è segnato dalla nascita per cui tutto accade per una ragione, a tutto accade per volontà di dio (unico e senza nome) perché i portavoce del "signore" non avevano risposte alla domanda "perché è capitato a me?" prima riempita dalla risposta "perché è il tuo destino", giustamente qualcuno ha incominciato ad incarognirsi dal momento che questo dio si accaniva nei confronti di un singolo uomo. Quindi le risposte non andavano più bene e sono state sostituite dagli stessi cialtroni che avevano distrutto il fatalismo, sostituendolo con l'accanimento divino.
La Morte nella sua interezza continua a rimanere parte integrante della vita, salvo prove contrarie, non esiste una vita senza morte, nemmeno a quel vecchio depravato di Matusalemme dopo migliaia di anni e decine di secoli e toccato morire. Eppure la morte è ancora qualcosa che spaventa, ma cosa spaventa esattamente? La Morte o il non sapere cosa c'è dopo di essa.
Vista come la fine di tutto sembra ancora più spaventosa rispetto alla fase di passaggio tra una vita e l'altra eppure, per la mia mente, sapere che tutte le tribolazioni finiscono e finalmente avrò l'oblio, che Google dichiara essere mio diritto, spaventa meno rispetto a "stai vivendo una vita tribolata, ma alla fine di essa gira la ruota per vedere cosa ti toccherà poi" (sperando di non rinascere chierichetto perché in quel caso so "chi" mi toccherà dopo...).
Certo che agognare il Valhalla in un "Mondo" senza guerre rischia di essere deludente, ma se il proprio destino sarà l'Hel, non credo che ci sarà di che recriminare, non tutti nasciamo guerrieri. Oscar Wilde scriveva "andrei in paradiso per il clima, all'inferno per la compagnia", nonostante solitamente non condivida molto il pensiero degli scrittori contemporanei in questo mi ci ritrovo abbastanza... all'inferno farebbe troppo caldo per una persona che soffre quando le temperature superano i 10°C.
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