19 febbraio 2019

Una Nazione di servizi e consumatori

Onestamente sono molto preoccupato da quello che vedo sfrecciando, ad una velocità prossima a quella della luce, per le strade e per le vie della città in cui sono cresciuto.
Oggi non mi riferisco all'inquietante aumento di presenza allogena (i pellet), fatto che a prescindere non mi fa dormire sonni sereni, ma faccio riferimento allo smantellamento delle fabbriche ormai in disuso.
Vero è, quanto qualcuno potrebbe sostenere, che piuttosto che lasciare abbandonati degli edifici che rischiano di venir occupati da zecche e pellet è meglio riqualificarli. Certo! Il problema però resta, la mia preoccupazione va al fatto che nel momento in cui una fabbrica viene abbattuta per far spazio ad un condominio e/o ad un supermercato, non posso non chiedermi che fine ha fatto lo strato produttivo del paese e, pensando più in grande, della Nazione.
Oltre che dal reddito di cittadinanza (destinato principalmente ai pellet, poi agli amici degli amici, ai napoletani e le briciole ai veri disoccupati italiani), da dove arriva il reddito che la popolazione spenderà nel super mercato? Come farà a permettersi di comprare un alloggio, nonostante il mercato immobiliare sia al suo minimo dell'ultimo biennio, se la disoccupazione è alle stelle?
Sembrano domande banali, da solito populista come va di moda dire oggi, ma il problema non è assolutamente banale, tra fallimenti e delocalizzazioni le nostre industrie e le aziende manifatturiere sono sparite e con esse i posti di lavoro che, bene o male, permettevano alle famiglie di resistere di tirare avanti.
Ci tengo a ricordare che mentre i governi precedenti, ma penso che quello attuale (nonostante le "sparate" Salvini) non abbia corretto ancora nulla, continuavano a mantenere disoccupati e introdurre poi nel mondo di lavoro gli immigrati permanenti o passanti, per la popolazione non ha fatto altro che continuare a spremergli ogni centesimo, facendolo indebitare con le banche e/o facendogli dilapidare i pochi sudati risparmi di tutta una vita.
Ad oggi il governo dei "cambiamenti" la sola cosa che ha cambiato è il nome con cui riferirsi al solito condono fiscale, per tutto il resto è rimasto uguale a prima se non peggio visto che le marionette delle banche precedenti almeno avevano evitato di dichiararsi apertamente cattolici (nonostante non mancassero gli ammiccamenti alla "banca" vaticana.
Dall'ISTAT non arrivano segnali positivi, aldilà del fatto che Conte abbia già dichiarato bancarotta per aver ereditato dei "libri mastri" contraffatti da dei truffatori. Verrebbe sicuramente da dire al primo ministro Conte "Buongiorno e ben alzato!", ovvero 'sta gente la volevate mandare a casa perché ladri, bugiardi e truffatori e poi non controllate nemmeno i registri del "nero"?
A quanto pare la sensazione che percepisco, guardando le fabbriche (vicino alle quali sono cresciuto) diventare condomini e/o supermercati, si riflette anche a livello nazionale. "Brutte notizie sul fronte dell’economia nazionale. Il fatturato dell’industria italiana, a dicembre 2018, infatti diminuisce del 3,5% rispetto a novembre, subendo un forte calo sul mercato estero. Lo rileva l’Istat, che su base annua segna una caduta del 7,3%. Si tratta della flessione tendenziale più accentuata dal novembre del 2009. [...] Male anche gli ordinativi dell’industria che, sempre a dicembre, calano dell’1,8% rispetto al mese precedente, a causa delle perdite subite sul mercato estero; su base annua il dato segna una flessione del 5,3%, la più ampia dal luglio del 2016. Anche sul ribasso tendenziale pesa soprattutto la cattiva perfomance registrata fuori confine." secondo Il Primato Nazionale la causa è il mancato rientro della crisi "globale" (anche se non è chiaro se si riferiscono alla crisi economica del 2008/9 o se si riferiscono alle migrazioni dei pellet), ma la mia sensazione è che sì, noi (Italia) la crisi economica di 10 anni fa non l'abbiamo mai superata, ovvero l'abbiamo subita siamo precipitati in un baratro e la crescita di cui si sono vantati i nostri governi (da quello Monti in poi) in verità non è stata sufficiente nemmeno a riportarci ai livelli di "benessere", di conti e industrie, del periodo pre-crisi. Soprattutto pesa, a mio avviso la pessima immagine che i governi (Francia in testa) danno di noi all'estero. Il ruolo che sta giocando la Francia nel distruggere la nostra economia non è da sottovalutare. Non nego che mi piacerebbe tirargli 4 scarpate nel culo, ma per ora teniamolo da parte, il problema però è che prima non avevamo un ministro degli esteri (Frattini nel governo Berlusconi), poi un perfetto sconosciuto (Giuliomaria Terzi di Sant'Agata, durato poco più di 3 mesi, il marchese del Grillo del governo Monti e da quest'ultimo sostituito ad interim), quindi ci siamo ritrovati una drogata (Emma Bonino durante il governo Letta), le prove tecniche per il governo successivo (con Gentiloni), Gentiloni ruba il posto a Renzi (e nomina Angelino Alfano) e infine Enzo Moavero Milanesi... Insomma sono 30 anni (anno più giorno meno) che non abbiamo un ministro degli esteri e, di conseguenza, un peso politico. Di fatto se pensiamo al periodo a cui non possiamo pensare la comunità internazionale chiese al Duce di mediare con Hitler per scongiurare una guerra (probabilmente quel tanto che bastava loro per prepararsi adeguatamente alla guerra), ma resta il fatto che a dispetto di quanto ci insegnano i "democratici", secondo cui noi siamo il popolo della mafia, del mandolino,  degli spaghetti e della pizza, eravamo invece qualcosa di più, ma la "loro" democrazia ha distrutto la nostra eccellenza trasformandoci in mediocri parassiti derisi e costretti ad elemosinare le briciole.
La questione francese, per chiudere l'articolo, è allo stesso tempo banale e complessa. Banale perché tutti odiano i francesi, complessa perché, come già detto (nel libro che sto scrivendo), i loro modi "effeminati" danno l'illusione di essere una facile terra di conquista ed in effetti, se non ai tempi di Napoleone, non è che si siano mai distinti per particolari prodezze belliche.
Nei nostri confronti l'astio è ancor più sentito, vuoi che sia per avere origini (culturali e linguistiche) comuni, vuoi perché ci definiscono cugini (a torno o a ragione e la cosa gli rode), quel che è certo che da sempre c'è rivalità tra noi e i nostri vicini. Se pensiamo solo agli ultimi decenni, a partire dalla guerra in Libia in poi, i francesi hanno sempre cercato di metterci i bastoni tra le ruote ed in parte ci sono riusciti, in parte glielo abbiamo permesso noi.
Dalla guerra in Libia da cui siamo usciti con una pessima immagine e senza gli accordi petroliferi a noi necessari, si sono verificati una serie di "incidenti" che non hanno solo minato la nostra già pessima immagine pubblica, ma soprattutto hanno distrutto completamente i nostri interessi economico-commerciali internazionali.
Sul fronte migranti la situazione è anche peggiore, dove tutta l'Europa chiude le frontiere e noi siamo i "razzisti" che non li vuole accogliere. Mi spiace se Francia e Germania abbiano "volontariamente" deciso di diventare, rispettivamente, una colonia africana e turca, ma se questa è la loro decisione non vedo il perché noi si debba fare altrettanto.
La situazione sta diventando estrema negli ultimi mesi, in cui, la Francia arriva a ritirare il proprio ambasciatore (che da sempre è considerato il preludio ad una dichiarazione di guerra) perché Di Maio ha incontrato i gilet gialli (che non sono altro che una parte di popolazione scontenta), ma non hanno ritirato l'ambasciatore dagli USA quando fu dimostrato senza alcun dubbio che la guerra in Iraq fu scatenata da una menzogna della CIA e in cui siamo stati trascinati contro la nostra volontà. Successivamente Conte è stato insultato al parlamento europeo, sicuramente meno grave che ritirare un ambasciatore, ma comunque grave perché significa che il parlamento europeo non ha il minimo rispetto per le scelte (per quanto discutibili) del popolo italiano.
Posso anche capire che non ci sia la volontà di trascinare il paese in una guerra aperta contro i francesi, non senza armi, uomini e mezzi a disposizione, quindi non dichiarare guerra in risposta al ritiro dell'ambasciatore, ma il silenzio non è una risposta... potevamo rispondere allo stesso modo, avremmo fatto la figura dei copioni, ma, con quel gesto, gli avremmo almeno chiesto "Volete proseguire su questa strada?". All'attacco aperto nei confronti di Conte e lo sbeffeggiamento delle regole sullo sforamento del deficit (che i seguaci dei 5 stelle tendono a giustificare con argomentazioni ridicole) avremmo dovuto rispondere "Dal momento che l'Europa ha questa considerazione di noi, indiremo un referendum chiedendo al popolo se intende uscire dall'U(B)E e dall'€urozona." e indirlo quel cazzo di referendum. Probabilmente la massa di pecoroni spaventati dai giornali di regime avrebbe comunque risposto, ritrovando improvvisamente un nuovo slancio di fede, "per l'amor di dio, non lasciamo l'Europa o finiremo come la Grecia!" che è finita come l'Argentina restando in Europa.

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