Scusate il ritardo!
Vi risparmierò i dettagli (che violerebbero la mia privacy, che non intendo violare), ma è stato un lungo fine settimana. Di cui la terza caduta consecutiva del "Dottore" Valentino Rossi in MotoGP e l'ennesima gara non vinta dalla Ferrari in F1 (in cui si è consumato l'ennesimo favoritismo alla scimmia che, almeno sta volta, subisce una penalità, ma inferiore a quella applicata a Vettel sullo stesso circuito, nella stessa curva, per la stessa infrazione al regolamento l'anno passato) sono solo la punta dell'Iceberg.
I giorni di gloria della Belva volgono al termine, purtroppo il referto medico parla chiaro le toccherà appendere le "zampe da montagna" al chiodo.
Ahimè le sue zampe non le permettono più di scalare le montagne, come invece abbiamo fatto da quando siamo assieme.
Questo va a vantaggio di quelle canaglie delle marmotte "partigiane" che le fischiavano (vigliaccamente) alle spalle per poi rintanarsi lasciando alle mucche "civili" subire la rappresaglia a seguito della vile provocazione perpetrata da quegli ignobili roditori.
In piedi tra l'erba che mal cela, agli acutissimi sensi della Belva, la loro infida presenza. Scrutare i dintorni per scorgere il marziale avanzamento della "ferina" pattuglia che, orecchie dritte e naso a terra, insegue lo sgradevole odore di quel "topo" di terra.
La Belva che con indomita ferocia, mi spronava ad aumentare il passo per cogliere in flagranza di reato il tremendo rosicchiare del codardo nemico. La Belva che con impazienza percorreva più e più volte il sentiero nella smania di affrontare la battaglia ed il rigore di non uscire dalla colonna in marcia verso il "fronte". Tuffarsi, incurante della temperatura, nelle gelide acque dei fiumi per placare la propria sete e portare sollievo alla calura estiva. Seguire la pista, lanciandosi nei cespugli "come un angelo dal cielo" cogliendo il nemico impreparato.
Infine udire quel vile verso, quel fischio lacerante che avvisa l'accozzaglia criminale che "le pellicce nere" sono infine giunte a dar loro la caccia. Si infilano così nelle loro umide tane sotterranee, pensando di aver scampato il pericolo, ma la Belva non si fa scrupoli e insegue le canaglie nelle viscere della terra sino alle porte dell'inferno (se necessario) e si getta a capofitto nella tana che si fa via via più stretta sino a quando diventa impercorribile e torna in superficie ricoperta di terra e l'insoddisfazione di aver mancato la preda, ma la consapevolezza che ci sarà ancora una giornata di passeggiate sui monti e di caccia ai roditori.
Purtroppo il medico ci dice che non possiamo più scalare i monti e potremmo ancora passeggiare in pianura dove ci attendono altri nemici a cui dare la caccia.
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